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Benedetto Croce
(✶1866   †1952)

«Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo.»
(Benedetto Croce, Lettere a Vittorio Enzo Alfieri (1925-1952), Sicilia Nuova Editrice, Milazzo 1976, pp. X-XI.)

Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952) è stato un filosofo, storico, politico, critico letterario e scrittore italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente del neoidealismo.

Presentò il suo idealismo come storicismo assoluto, giacché «la filosofia non può essere altro che "filosofia dello spirito" [...] e la filosofia dello spirito non può essere altro che "pensiero storico"», ossia «pensiero che ha come contenuto la storia», che rifugge ogni metafisica, la quale è «filosofia di una realtà immutabile trascendente lo spirito». In funzione anti-positivistica, nella filosofia crociana, la scienza diventa la misuratrice della realtà, sottomessa alla filosofia, che invece comprende e spiega il reale. Fu tra i fondatori del ricostituito Partito Liberale Italiano, assieme a Luigi Einaudi.

Con Giovanni Gentile – dal quale lo separarono la concezione filosofica e la posizione politica nei confronti del fascismo dopo il delitto Matteotti – è considerato tra i maggiori protagonisti della cultura italiana ed europea della prima metà del XX secolo, in particolare dell'idealismo.

La filosofia crociana, ispirata al liberalismo sociale e improntata alla storiografia, ebbe grande influenza sulla cultura italiana, specificatamente per il suo pensiero politico; in particolare è ricordato come guida morale dell'antifascismo con la sua "religione della libertà", tanto che fu anche proposto come Presidente della Repubblica italiana. Alcune riserve alla sua estetica, tra cui alla critica letteraria (in particolare alla sua definizione di «poesia») e alla superiorità attribuita da Croce alla filosofia sulle scienze nell'ambito della logica, sono state, tuttavia, espresse in tempi successivi.

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D'altra parte, il pensiero, specialmente quello politico, di Croce ha goduto di apprezzamenti più recenti e di una "riscoperta" anche al di fuori dell'Italia, in Europa e nel mondo anglosassone (specialmente gli Stati Uniti), dove è riconosciuto come uno dei più eminenti teorici del liberalismo europeo e un autorevole oppositore a ogni totalitarismo, in maniera analoga a pensatori come Karl Popper.

«... e su questo terreno, traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci»
(Benedetto Croce dai Taccuini (marzo 1944) in Scritti e discorsi politici, Vol. I, pp. 276-277)

Nacque a Pescasseroli, in Abruzzo, il 25 febbraio 1866. I genitori appartenevano a due agiate famiglie abruzzesi: la famiglia Sipari, quella materna, nativa di Pescasseroli e radicatasi anche in Capitanata e Terra di Lavoro, più legata agli ideali liberali, l'altra, quella paterna, di stampo borbonico, originaria di Montenerodomo (in provincia di Chieti), ma trapiantatasi a Napoli. Croce crebbe in un ambiente profondamente cattolico dal quale però, ancora adolescente, si distaccò, non riaccostandosi più per tutta la vita alla religiosità tradizionale.

Il terremoto di Casamicciola

A diciassette anni perse i genitori, Pasquale e Luisa Sipari, e la sorella Maria, periti il 28 luglio 1883 nel terremoto di Casamicciola, nell'isola di Ischia, dove Croce si trovava in vacanza con la famiglia. Un terremoto disastroso durato 90 secondi - e rimasto come esempio terribile di distruzione nel modo di dire delle popolazioni coinvolte - dove lo stesso Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo».

Il "problema del male", in sottofondo alla sua filosofia ottimistica sul progresso, rimarrà insoluto, quasi negato, e dietro le quinte del suo pensiero, influenzato da questi eventi giovanili come evidenziato dalle meditazioni private dei Taccuini personali.

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«Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio.»

Fra i primi ad accorrere in suo aiuto fu il cugino Paolo Petroni, la famiglia del quale lo assisté affettuosamente nei mesi seguenti nella loro residenza di campagna a San Cipriano Picentino, poco distante da Salerno. In seguito a questo tragico episodio fu affidato, assieme al fratello superstite Alfonso (1867-1948), alla tutela del cugino Silvio Spaventa, figlio della prozia Maria Anna Croce e fratello del filosofo Bertrando Spaventa, che mise da parte i dissapori che aveva con la famiglia Croce e lo accolse nella casa romana dove Benedetto visse fino all'età di vent'anni.

Primi contatti con gli intellettuali

Nel circolo culturale nella casa dello zio Silvio, Croce ebbe modo di frequentare importanti uomini politici ed intellettuali tra cui Labriola che lo inizierà al marxismo. Pur essendo iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli Croce frequentò le lezioni di filosofia morale a Roma tenute dal Labriola. Non terminò mai i suoi studi universitari, ma si appassionò a studi eruditi e filosofici, trascurando il pensiero hegeliano, di cui criticava la forma incomprensibile.

Il ritorno a Napoli

Lasciata la Roma troppo accesa di passioni politiche, Croce nel 1886 tornò a Napoli, dove acquistò, per abitarvi, la casa dove aveva trascorso la sua vita Giambattista Vico, il filosofo napoletano amato da Croce per la concezione filosofica anticipatrice, per certi aspetti, della sua.

Compì numerosi viaggi in Spagna, Germania, Francia ed Inghilterra mentre nella sua formazione culturale cresceva l'interesse per gli studi storici e letterari, in particolare per la poesia di Giosuè Carducci, e per le opere di Francesco De Sanctis. Nel 1895, attraverso Antonio Labriola con cui era rimasto in contatto, si interessò al marxismo, di cui però criticava come astorica la visione che dava del capitalismo. Da Marx risalì alla filosofia hegeliana che cominciò ad apprezzare e ad approfondire.

La fondazione de La critica e la vita politica

Nel gennaio del 1903 uscì il primo numero della rivista La critica, con la collaborazione di Giovanni Gentile, e stampata a sue spese fino al 1906, allorché subentrò l'editore Laterza. Venne nominato per censo senatore nel 1910 e dal 1920 al 1921 fu Ministro della Pubblica Istruzione nel quinto e ultimo governo Giolitti. Con regio decreto del 21 maggio 1920 gli fu concesso il titolo di "Nobile". Elaborò una riforma della pubblica istruzione che fu poi ripresa ed attuata da Giovanni Gentile.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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