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Brunetto Latini
(✶1220   †1294/1295)

«Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde»
(Divina Commedia, Inf.XV, vv.121-124)

Brunetto Latini (Firenze, 1220 circa – 1294 o 1295) fu uno scrittore, poeta, politico e notaio italiano, autore di opere in volgare italiano e francese.

Brunetto (quasi sempre Burnetto nei documenti) era figlio di Buonaccorso e nipote di Latino Latini, appartenente ad una nobile famiglia toscana. La datazione approssimativa della nascita all'inizio degli anni Venti si desume dal fatto che nel 1254 ricoprì l'incarico di scriba degli anziani del comune di Firenze. Le fonti storiche e una serie di documenti autografi testimoniano la sua attiva partecipazione alla vita politica di Firenze. Come egli stesso narra nel Tesoretto, fu inviato dai suoi concittadini alla corte di Alfonso X di Castiglia, per richiedere il suo aiuto in favore dei guelfi. Tuttavia (sempre secondo il poemetto) la notizia della vittoria dei ghibellini a Montaperti (4 settembre 1260) costrinse Brunetto all'esilio in Francia.

Qui dimorò per sette anni tra Montpellier, Arras, Bar-sur-Aube e Parigi, esercitando (come già a Firenze) la professione di notaio, come testimoniano gli atti da lui stesso rogati.

I cambiamenti politici conseguenti alla vittoria di Carlo I d'Angiò a Benevento su Manfredi di Svevia consentirono il ritorno di Brunetto in Italia. Nel 1273 fu risarcito del torto subito, con il titolo di Segretario del Consiglio della repubblica, stimato ed onorato dai suoi concittadini.

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La sua influenza divenne tale che a partire dal 1279 si trova a malapena nella storia di Firenze un avvenimento pubblico importante al quale Brunetto non abbia preso parte.

Nel 1280 contribuì notevolmente alla riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini detta "pace del Cardinal Latino".

Più tardi (1284) presiedette il congresso dei sindaci in cui fu decisa la rovina di Pisa.

Nel 1287 Brunetto Latini fu elevato alla dignità di Priore. Questi magistrati, in numero di dodici, erano stati previsti nella costituzione del 1282. La sua parola si faceva frequentemente sentire nei Consigli generali della repubblica. Era uno degli arringatori, od oratori, più frequentemente designati.

Conservò integre le sue facoltà anche in età avanzata e morì nel 1294 (come scrive il Villani) o nel 1295 (come affermato da altre fonti), lasciando una figlia, Bianca Latini, che nel 1248 aveva sposato Guido Di Filippo De' Castiglionchi.

La tomba di Brunetto Latini è stata ritrovata nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Firenze, ed è segnalata da un'antica colonnetta nella cappella a sinistra dell'altare maggiore.

Nel Canto XV dell'Inferno Dante lo incontra tra i sodomiti, violenti contro Dio nella natura. Siamo nel terzo girone del settimo cerchio; Dante e Virgilio camminano su un piano rialzato rispetto alla landa desolata in cui i dannati procedono. Dante, che era stato allievo di Brunetto, è profondamente scosso, e non nasconde verso il maestro una persistente ammirazione. Brunetto è il primo nell'opera a toccare fisicamente il poeta, tirandolo per la veste.

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Le Opere

Il Tesoretto

Si tratta di un poema (incompiuto o mutilo) scritto in volgare fiorentino, in settenari a rima baciata, narrato in prima persona da Mastro Brunetto. L'autore definisce l'opera Tesoro, ma il nome Tesoretto è presente già nei manoscritti più antichi (fine del XIII secolo), presumibilmente per distinguerla dalle traduzioni italiane del Tresor. Il protagonista, sconfortato dalla notizia della disfatta di Montaperti, si perde in una "selva diversa". Nella sua peregrinazione si imbatte nelle personificazioni della Natura e delle Virtù, che gli illustrano la composizione del Mondo e i modelli di comportamento cortesi. Il poema si interrompe nel momento in cui il protagonista incontra Tolomeo, che sta per spiegargli i fondamenti dell'astronomia.

Influenzato da un lato dal romanzo cortese in lingua d'oil, dall'altro dai poemi allegorici medio-latini e francesi, Brunetto realizza un'opera che da una parte della critica è ritenuta tra i precursori diretti della Commedia.

Il Tresor

Quest'opera (il cui titolo originale è Li livres dou Tresor), la più celebre di quelle di Brunetto, fu scritta durante l'esilio in Francia, in lingua d'oil, perché, come spiega il prologo: "la parleure est plus delitable et plus comune a touz languaiges" ("è la parlata più dilettevole e più comune tra tutte le lingue").

L'opera, della quale possediamo ottantacinque codici (61 completi, 11 incompleti, 13 frammentari), consta di tre libri e costituisce il primo esempio di enciclopedia in volgare del Medioevo occidentale.

Il primo libro tratta "de la naissance de toutes choses"; tra gli argomenti affrontati vi sono un'ampia storia universale, dalle vicende dell'Antico e del Nuovo Testamento alla battaglia di Montaperti, elementi di medicina, fisica, astronomia, geografia, e architettura, e un bestiario. Si trova, in questo libro, una delle menzioni più antiche che conosciamo di una bussola.

Nel secondo libro si tratta dei vizi e delle virtù, attingendo sostanzialmente dall'Etica Nicomachea.

Il terzo libro riguarda principalmente la retorica e la politica. Brunetto utilizza come fonti principali Aristotele, Platone, Senofane, Vegezio e Cicerone.

A Bono Giamboni, di poco più giovane di Brunetto, era un tempo attribuita una traduzione dell'opera in volgare italiano che ebbe una vasta diffusione manoscritta, ma Cesare Segre ha smentito la paternità giamboniana della traduzione (Prosa del Duecento).

Altre opere

Brunetto è inoltre autore di un altro breve poemetto, Il Favolello, di una Rettorica, traduzione e commento del De inventione di Cicerone, nonché dei volgarizzamenti di tre orazioni ciceroniane (Pro Ligario, Pro Marcello, Pro rege Deiòtaro). In passato gli si attribuivano, ma senza fondamento, varie opere tra cui il Mare amoroso e i Fiori e vita di filosafi.

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Bibliografia

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Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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