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Giuseppe Mazzini
(✶1805   †1872)

«Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini.»
(Klemens von Metternich, Memorie)

Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico, filosofo e giornalista italiano, nato nell'allora territorio della Repubblica Ligure, annessa da pochi giorni al Primo Impero Francese. Le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano; le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo costrinsero però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane furono di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato.

Famiglia e giovinezza

«Gl'istinti repubblicani di mia madre m'insegnarono a cercare nel mio simile l'uomo, non il ricco o il potente; e l'inconscia semplice virtù paterna m'avvezzò ad ammirare, più che la boriosa atteggiata mezza-sapienza, la tacita inavvertita virtù di sagrificio ch'è spesso in voi.»
(Giuseppe Mazzini, Agli operai italiani)

Nato da Giacomo (medico e professore di anatomia, originario di Chiavari e personaggio attivo nella politica ai tempi della Repubblica Ligure e in epoca napoleonica, nato nel 1767 e morto nel 1848) e da Maria Drago (1774-1852) di Pegli (fervente giansenista, a cui Mazzini fu molto legato), veniva chiamato "Pippo" dai genitori e dalle tre sorelle. Terminati gli studi superiori, a 18 anni si iscrisse all'Università degli Studi di Genova in medicina, come voleva suo padre, ma– stando a un racconto della madre– vi rinunciò dopo essere svenuto al primo esperimento di necroscopia.

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Si iscrisse allora a legge, dove si segnalò per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che imponevano di andare a messa e di confessarsi; a 25 anni fu arrestato perché, proprio in chiesa, si rifiutò di lasciare il posto ai cadetti del Collegio Reale d'Austria. Lo appassionava la letteratura: si innamorò delle letture di Goethe, Shakespeare e Ugo Foscolo (pur non condividendone la filosofia materialista), restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire sempre di nero, in segno di lutto per la patria oppressa.

La passione per la letteratura, insieme a quella per la musica (era un abile suonatore di chitarra), la ebbe per tutta la vita: oltre agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici come Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Alexandre Dumas padre e le sorelle Brontë. Nel 1821 ebbe il suo trauma rivelatore: a Genova passarono i Federati piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta e così, nel giovane Mazzini, si affacciò per la prima volta il pensiero «che si poteva, e quindi si doveva, lottare per la libertà della Patria».

Iniziò ad esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma l'attività che lo impegnava era quella di giornalista presso l'Indicatore genovese, sul quale Mazzini iniziò a pubblicare recensioni di libri patriottici; la censura lasciò fare per un po', ma poi soppresse il giornale. Nel 1826 scrisse il primo saggio letterario, Dell'amor patrio di Dante, pubblicato poi nel 1837. Il 6 aprile del 1827 ottenne la laurea in diritto civile e in diritto canonico (in utroque iure). Nello stesso anno divenne membro della carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina.

L'attività cospirativa

Per la sua attività cospirativa fu arrestato su ordine di Carlo Felice di Savoia e detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar per un breve periodo, tra il novembre 1830 e il gennaio 1831. Durante la detenzione ideò e formulò il programma di un nuovo movimento politico chiamato Giovine Italia che, dopo essere stato liberato per mancanza di prove, presentò e organizzò nel 1831 a Marsiglia in Francia dove era stato costretto a rifugiarsi in esilio.

L'obiettivo repubblicano e unitario avrebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare condotta attraverso una guerra per bande. Durante l'esilio in Francia, Mazzini ebbe una relazione con la nobildonna mazziniana e repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni Sidoli, giovane e ricco patriota di Montecchio Emilia che aveva sposato all'età di 16 anni. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto la coppia a esiliare in Svizzera. Nel 1829 Giovanni, colpito da una grave malattia polmonare, morì a Montpellier.

Poiché la giovane vedova non aveva ricevuto alcuna condanna ritornò a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti del 1831 Giuditta fu costretta a fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Nel 1832 nacque Joseph Démosthène Adolphe Aristide Bellerio Sidoli detto Adolphe (secondo Bruno Gatta quasi sicuramente figlio di Mazzini) che, lasciato dalla madre in affidamento, morirà a soli tre anni nel 1835.

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Il 26 ottobre 1833, dopo che nel 1831 aveva tentato invano di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia, con una lettera celebre firmata "un italiano", Mazzini fu condannato a "morte ignominiosa" in contumacia, insieme a Pasquale Berghini e Domenico Barberis, dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior generale Saluzzo Lamanta. La condanna verrà revocata nel 1848, quando Carlo Alberto decise infine di concedere un'amnistia generale.

Rifugiatosi in Svizzera nel 1834, nella cittadina di Grenchen, nel canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne l'allontanamento l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo la cittadinanza con 122 voti a favore contro 22 contrari che fu però invalidata dal governo cantonale. Mazzini, che nel frattempo si era nascosto, alla fine fu scoperto e dovette lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli tra i quali Agostino e Giovanni Ruffini.

Nel 1837 cominciò il lungo soggiorno a Londra (con alcune interruzioni, come nel 1849, durò fino al 1868), dove raccolse attorno a sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia, dedicandosi, per vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani; qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley (vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova del poeta Lord Byron, idolo di gioventù di Mazzini), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas Carlyle con sua moglie Jane Welsh e lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la sua scuola. Nello stesso quartiere visse anche Karl Marx.

Mazzini fondò poi altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di altri stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa. La Giovane Europa, fondata nell'aprile 1834 presso Berna in accordo con altri rivoluzionari stranieri, ha tra i suoi principi ispiratori quello della costituzione degli Stati Uniti d'Europa. In questa occasione egli estese dunque il desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con la repubblica) a tutte le nazioni Europee. L'associazione rivoluzionaria europea aveva come scopo specifico l'agire dal basso in modo comune e, usando strumenti insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli Stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovane Europa Mazzini nel 1866 fonda anche l'Alleanza Repubblicana Universale.

Il movimento della Giovane Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui la citata Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Giorgina Saffi, la moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini e suo erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. Mazzini continuò a perseguire il suo obiettivo dall'esilio e in mezzo alle avversità con inflessibile costanza, convinto che questo fosse il destino dell'Italia, e che nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza, l'importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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