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Indro Montanelli
(✶1909   †2001)

Indro Alessandro Raffaello Schizogene Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001) è stato un giornalista, saggista e commediografo italiano.

Giornalista dalla prosa secca e asciutta, era in grado di spaziare dall'editoriale al reportage e al corsivo pungente. Fu per circa quattro decenni la bandiera del primo quotidiano italiano, il Corriere della Sera, e per vent'anni condusse un importante quotidiano da lui stesso fondato, il Giornale. Fu autore di libri di storia cui arrise un vasto successo. In ognuno di questi ruoli seppe conquistarsi un largo seguito di lettori.

Infanzia e giovinezza

La famiglia Montanelli: il piccolo Indro e i suoi genitori.

Figlio di Sestilio Montanelli (1880-1972) e di Maddalena Doddoli (1886-1982), Indro nacque a Fucecchio (FI) in Toscana nel palazzo di proprietà della famiglia della madre. A tale circostanza sono riferite alcune «leggende», la più famosa delle quali – raccontata dallo stesso Indro – narra che dopo un litigio (gli abitanti di Fucecchio erano divisi in «insuesi» e in «ingiuesi», cioè di sopra e di sotto; la madre era insuese e il padre ingiuese) la famiglia materna ottenne di far nascere il bambino nella propria zona collinare, mentre il padre scelse un nome adespota, estraneo alla famiglia materna e neppure presente nel calendario. Il nome Indro, scelto dal padre, infatti è la mascolinizzazione del nome della divinità induista Indra, poi trasformato nel soprannome "Cilindro" dagli amici e anche da alcuni avversari politici. Il nome, dopo la sua nascita, ebbe una certa diffusione a Fucecchio, ad esempio vi furono Indro Cenci e alcuni omonimi Indro Montanelli.

Passò l'infanzia nel paese natale, spesso ospite nella villa di Emilio Bassi, sindaco di Fucecchio per quasi un ventennio, nei primi anni del Novecento. A Emilio Bassi, che considerava come un «nonno adottivo», restò legato tanto da volere che a lui fosse cointitolata la Fondazione costituita nel 1987.

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Sin da ragazzo, Montanelli iniziò a soffrire di depressione, un male che lo segnerà per tutta la vita:

«La prima crisi fu a undici anni. Mi svegliai una notte urlando "Muoio, muoio!". Una mano mi attanagliava la gola, mi sentivo soffocare. Accorsero i miei genitori, un po' mi quietai, ma smisi di dormire e di mangiare per mesi, avevo paura di tutto, un vero terrore, e mi sentivo addosso la tristezza del mondo intero. Dovetti abbandonare la scuola per quell'anno. I sintomi si sono poi ripresentati identici più o meno ogni sette anni, ciclicamente.»

Probabilmente Montanelli soffriva di disturbo bipolare. Il padre, preside di Liceo (il più giovane d'Italia), fu trasferito prima a Rieti (nel 1922), poi a Lucca, nonché a Nuoro presso il Liceo ginnasio statale Giorgio Asproni, dove il giovane Indro lo seguì. A causa degli spostamenti del padre, frequentò il liceo classico Marco Terenzio Varrone a Rieti, dove nel 1925 conseguì la maturità. Prima di diplomarsi, insieme al figlio del locale prefetto, aveva organizzato uno sciopero degli studenti e una manifestazione contro gli stessi preside e prefetto (episodio poi raccontato dallo stesso Montanelli in Un due tre, trasmissione televisiva del 1959).

Nel 1930 si laureò in giurisprudenza a Firenze, con un anno di anticipo sulla durata normale dei corsi, discutendo una tesi sulla «legge Acerbo» in cui criticava il provvedimento, sostenendo che era stato pensato per abolire le elezioni. Ottenne la valutazione di centodieci e lode. Successivamente frequentò corsi di specializzazione all'Università di Grenoble, della Sorbona e di Cambridge. Nel 1932 ottenne una seconda laurea, in scienze politiche e sociali, sempre a Firenze, al Cesare Alfieri, con una tesi in cui valutava positivamente la politica di isolamento inglese.

Nel 1929 fu allievo ufficiale a Palermo ove, vittima delle crisi depressive, fu raggiunto dalla madre che provava a rassicurarlo. La madre, molto tempo dopo, raccontò l'episodio in televisione.

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Gli anni trenta

«Io mi considero un condannato al giornalismo, perché non avrei saputo fare niente altro.»
(Indro Montanelli, Questo secolo, 1982)

Dopo i primi articoli giovanili per La Frusta di Rieti, Montanelli debuttò sulla rivista Frontespizio di Piero Bargellini, con un articolo su Byron e il cattolicesimo (luglio-agosto 1930). Fu attento lettore di altre riviste, specie di L'Italiano di Leo Longanesi (destinato, dal 1937, a diventare suo grande amico e, nel secondo dopoguerra, suo editore) e di Il Selvaggio di Mino Maccari: periodici, entrambi, che pur essendo fascisti furono fra i primi a fare "fronda", cioè a rompere con il coro conformista del regime.

Dopo che, nel 1932 Diano Brocchi gli fece conoscere di persona Berto Ricci, con cui aveva fino ad allora scambiato alcune lettere, iniziò a collaborare al periodico fiorentino l'Universale, che aveva una diffusione di circa millecinquecento copie. Nello stesso anno fu ricevuto, assieme a tutto lo staff de "L'Universale" da Benito Mussolini il quale, secondo il racconto che lo stesso Montanelli avrebbe reso ad Enzo Biagi per la trasmissione Questo secolo, del 1982, intendeva elogiarlo per un articolo anti-razzista che aveva scritto.

«Mi disse: "Avete fatto benissimo a scrivere quell'articolo, il razzismo è roba da biondi". Senza rendersi conto che io, che allora avevo i capelli, ero biondo…»
(Indro Montanelli, Questo secolo, 1982)

Montanelli fu altresì invitato a collaborare al Popolo d'Italia; l'Universale venne chiuso nel 1935. Dopo un breve soggiorno a Grenoble, esordì come giornalista di cronaca nera nel 1934 a Parigi, al Paris-Soir, al quale si era offerto come "informatore volontario". Collaborava contemporaneamente al quotidiano italo-francese diretto da Italo Sulliotti L'Italie Nouvelle. Fu poi mandato come corrispondente in Norvegia e da lì in Canada (sempre per Paris-Soir). Gli articoli che Montanelli spedì dal Canada furono notati da Webb Miller, all'epoca inviato parigino della United Press, che suggerì all'agenzia di assumerlo. Montanelli iniziò quindi a lavorare come apprendista alla sede centrale della UP, a New York, mantenendo tuttavia rapporti professionali con Paris-Soir. Fu infatti la rivista parigina a offrirgli la possibilità di realizzare il suo primo scoop, un'intervista con il magnate Henry Ford.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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