L'occhio clinico

Quante volte, cortesi amici lettori, avete sentito dire o detto voi stessi che quella persona ha l’occhio clinico, cioè è in grado di affrontare con prontezza una situazione o di giudicare un’altra persona in quanto, figuratamente, ha l’occhio clinico, appunto, vale a dire l’occhio abituato?
Ma se clinico — in senso lato — significa malato come fa un occhio non perfetto a vedere prontamente una determinata situazione? Per capire come è necessario studiare la nascita del sostantivo-aggettivo clinico e tornare indietro nel tempo fino all’antichità classica, precisamente greca. I Greci, infatti, sono stati gli inventori della clinica. Ma andiamo con ordine.
Nel vocabolario degli antichi Greci c’era un verbo, κλίνειν (klìnein), che significava piegarsi, inchinarsi (da cui il nostro inclinato) giacere; da questo verbo, con il tempo, coniarono il sostantivo κλίνη (kline), che serviva per indicare qualunque cosa sulla quale ci si può adagiare, giacere e, per antonomasia, il... letto.
Ma non è finita. Scoperto il letto, crearono l’uomo a letto, cioè il κλινικός (klinikòs) (adagiato sul letto, appunto), e poiché — come si sa — l’uomo a letto, molto spesso è ammalato, il sostantivo finì con l’indicare l’ammalato, l’infermo.
A questo punto intervengono i nostri antenati Latini che dal greco κλινικός (klinikòs) foggiano l’aggettivo clinicus riferito al medico e dicono medicus clinicus; poi, sostantivandolo, solo clinicus, vale a dire il medico che visita (inchinandosi) l’infermo a letto.
Il vocabolo, in seguito, è giunto a noi sia in forma sostantivata sia in forma aggettivale: medico clinico; preparato clinico; occhio clinico, cioè occhio particolarmente esperto.
Così pure la clinica (sottintendendo arte) indica la parte dell’insegnamento medico che si apprende direttamente presso il letto del malato e, per estensione (sottintendendo casa), il luogo dove si svolge tale insegnamento. Il policlinico cosa è, infatti, se non più case, cioè più cliniche specializzate per la cura delle diverse malattie?

03-11-2016 — Autore: Fausto Raso