Parliamo... arabo?

Molto spesso parliamo arabo e non ce ne rendiamo conto. Il nostro idioma è ricco di arabismi entrati a pieno titolo nel nostro patrimonio linguistico. L’arabismo, in linguistica, è ogni parola o espressione araba o di origine araba entrata nell’uso comune del nostro idioma, solitamente con modificazioni della grafia e della pronuncia sì da adeguarsi perfettamente ai sistemi grafici e fonetici della lingua italiana.
Non crediamo sia il caso di dilungarci sui motivi storici che hanno favorito l’ingresso degli arabismi nella lingua, tutti più o meno, li conosciamo: le Crociate, la dominazione araba in Sicilia, i rapporti commerciali. Ciò che interessa in questa sede è stabilire il fatto che i contatti con la cultura araba, quindi con la lingua, vanno dal IX al XV secolo, con punte elevatissime nei secoli XI e XIII, per scomparire definitivamente in età moderna. Vediamo un breve elenco di termini arabi che adoperiamo inconsciamente, sperando di non tediarvi.
Gli arabi, dunque, ci hanno dato vocaboli marinareschi come ammiraglio, darsena, arsenale, aguzzino (il guardiano degli uomini addetti ai remi nelle imbarcazioni); molti nomi di piante: spinaci, carciofo, albicocco, melanzana, arancio, limone; termini commerciali: tariffa, magazzino, dogana, gabella, fondaco; parole astronomiche e geografiche: scirocco, almanacco, nadir, libeccio, zenit; nomi di stoffe: cotone, giubba; termini di misure: quintale, risma, rotolo; vocaboli vari quali alcole, zecca, zafferano, facchino, divano, ragazzo, marzapane e un termine caro agli sportivi: bagarino.
Ancora: talco, ambra, alambicco, elisir, antimonio. Dimenticavamo di dire che scriviamo anche in... arabo: i numeri (le cifre) non vi dicono nulla? Abbiamo piluccato qua e là fra i più comuni arabismi senza preoccuparci di indicare la data del loro ingresso nella lingua italiana perché le attestazioni, molto spesso, sono incerte.

25-09-2009 — Autore: Fausto Raso