La vignetta

Avete mai pensato, gentili amici lettori, al motivo per il quale quei disegni satirici o umoristici, spesso senza parole, che appaiono sulle pagine dei quotidiani o dei settimanali prendono il nome di vignetta? Una piccola vigna dalla quale, è risaputo, possiamo ottenere un ottimo vino cosa ha che vedere con un disegno?
Apparentemente nulla, ma tra il disegno e la piccola vigna c’è una relazione strettissima. Occorre sapere, dunque, che anticamente, soprattutto durante il secolo XVI, gli editori erano soliti ornare i libri con bellissime incisioni floreali. Se vi capita tra le mani un libro di quell’epoca (basta andare in una biblioteca ben fornita) vi potete rendere conto personalmente della bellezza di quelle incisioni.
Gli editori, dicevamo, non solo facevano frontespizi (la prima pagina dei libri, la copertina) ornatissimi ma decoravano intere pagine e l’inizio di ogni capitolo. Queste decorazioni rappresentavano, il più delle volte, tralci e viticci. Come accade spesso, in questi casi quei disegni furono battezzati ‘vignetta’ perché rappresentavano, per l’appunto, dei pampini di vite.
Con il trascorrere del tempo il termine vignetta acquistò l’accezione più generale di illustrazione, anche se i disegni che rappresentava non erano di natura vegetale. Per gli amatori della lingua pura – sarà bene precisarlo – vignetta era un termine condannato dai puristi dell’Ottocento perché deriva dal francese vignette (piccola vigna); bisognava dire, all’epoca, figurina, disegnino.
Va da sé che oggi il vocabolo barbaro è entrato a pieno titolo nell’idioma nazionale ed è riportato da tutti i vocabolari acquisendo il significato di disegno umoristico o satirico.
etimo.it

16-10-2009 — Autore: Fausto Raso