Anche l'occhio vuole la sua parte

Chi non conosce questo modo di dire, cortese Paolo di Manfredonia, adoperato per mettere in evidenza il fatto che occorre tener conto delle apparenze? La locuzione si riferisce soprattutto a cose artistiche; al fatto, cioè, che quando si compone un’opera le parti di cui è composta debbono essere in armonia tra loro e l’occhio vuol essere il giudice.
Quest’espressione – conosciutissima, appunto – trae origine, probabilmente, da una novella molto antica e di autore ignoto. Vediamola assieme. Si racconta che un sartore, nella stanza dove tagliava i panni e cuciva le vesti, avesse annesso uno stanzino chiuso sempre a chiave e in cui solo lui poteva entrare: sopra l’uscio del quale aveva fatto aprire un foro o finestrino di forma ellittica, uno di quelli che per avere appunto la forma dell’occhio si dicono “occhi” (i così detti spioncini, Ndr).
Il sartore tutte le volte che aveva tra le mani un bel panno, o drappo, o altra stoffa, sapeva far così bene i suoi tagli, che la “bandiera” ne usciva sempre; e questa, appena spiccata, lanciava entro quell’occhio, che non era mai chiuso. Avvenne che uno dei suoi avventori, il quale gli aveva dato assai più panno che non bisognava per il suo vestito; quando ei s’ebbe questo ben lavorato senza il pezzo d’avanzo, ch’egli aspettava, andò sulle furie, e corse al sartore.
Questi con l’usata sua franchezza stese sopra il suo bancone altro panno press’a poco della quantità del suddetto; e facendovi sopra i suoi segni, dimostrò che tanto n’era andato per la vita, tanto per le falde, tanto per le maniche, tanto per questo e tanto per quest’altro: e poi, concludendo disse, l’occhio vuole la sua parte.
E ciò dicendo, con la coda dell’occhio suo accennava all’occhio dell’uscio. Il povero avventore vinto da tante dimostrazioni e ciarle, non seppe più che dire, e conclude anch’egli rassegnato: vorrà anch’esso l’occhio la parte sua!.

18-12-2009 — Autore: Fausto Raso