Il pronome esso

Pregiatissimo Direttore del portale,

    confidando nella sua squisita disponibilità, le chiedo di pubblicare questa mia lettera aperta indirizzata agli amanti del bel parlare e del bello scrivere. Mi accorgo, però, di non essermi presentato, chiedo scusa e corro subito ai ripari: sono il pronome Esso.
E vengo al dunque. Le così dette grandi firme – ma non solo queste – dei massinforma (giornali e radiotelevisioni) mi adoperano in modo errato e ciò mi causa delle notti insonni in quanto vedo calpestata la mia personalità, anzi la mia dignità, perché mi fanno sentire, per dirla come Emilio Gadda, «un pidocchio del pensiero».
Mi consenta, per tanto, di rivolgermi direttamente ai miei fruitori per pregarli di adoperarmi, da oggi in poi, solo in funzione di soggetto, come hanno stabilito i miei biografi, vale a dire i grammatici. È errato, dunque, scrivere (o dire) in esso, ad esso, per esso e via continuando (ciò vale anche, naturalmente, per il femminile Essa); dopo una preposizione, insomma, il mio impiego è errato perché non svolgo la funzione di soggetto ma di complemento e debbo essere sostituito – secondo i casi – con gli altri pronomi: lui, sé, questo ecc.
Fino a qualche hanno fa anche la scuola toppava. Ricorderete i libretti per le giustificazioni delle assenze: in calce al foglio portavano la scritta «firma del padre o di chi per esso». Bene, anzi male, malissimo: il pronome esso era adoperato in modo errato perché non svolgeva le funzioni di soggetto. La dizione grammaticalmente corretta, quindi, avrebbe dovuto essere «firma del padre o di chi per lui».
Ma la scuola – dobbiamo riconoscerlo – molto spesso insegna delle inesattezze, come la famosa questione del che non si accenta se è seguito da stesso o medesimo. Balle linguistiche! E molti insegnanti le... insegnano. Mi sto accorgendo, però, di divagare; mi permetta signor Direttore, di tornare a bomba.
Amici della carta stampata (e no), se tenete alla mia stima e amicizia, non mi fate più leggere frasi del tipo: «È stato esaminato il contenuto dell'articolo in esso riportato»; «È ad essi che rivolgiamo il nostro appello»; «per essi abbiamo sacrificato gli anni della nostra vita».
In tutte queste frasi il pronome esso – non essendo soggetto – non può essere adoperato e si deve sostituire con questo e loro.
Ci sarà, senza ombra di dubbio, il solito bastian contrario (anche tra i grammatici), ma se tenete, ripeto, alla mia amicizia e soprattutto se volete scrivere secondo i sacri crismi rispettate la mia personalità: sono solo pronome soggetto.
Coloro che mi adoperano in funzione di complemento nascondono la loro crassa ignoranza dietro il luogo comune si dice, è l'uso che fa la lingua. Personalmente conosco moltissimi operatori dell'informazione o, se preferite, giornalisti – anche di grido – che immancabilmente ricorrono, se presi in castagna, a frasi del genere. Voi, amici amatori della lingua, non seguite questi esempi deleteri: i giornalisti non sono linguisti.
Vi ringrazio dell'attenzione e vi auguro un mondo di bene.

Il vostro pronome Esso

P.S. Buona parte dei vocabolari stabiliscono che esso si usa, generalmente, in funzione di soggetto, non escludendo la possibilità di adoperarlo come complemento. Il Sabatini Coletti in rete ritiene corretto l'uso di esso oltre che come soggetto anche in funzione di complemento, però solo indiretto (non di complemento oggetto).

06-07-2010 — Autore: Fausto Raso