Fare la manfrina

Il cavalier Stoppini, conosciuto negli ambienti di lavoro come un uomo taciturno, discreto e poco incline a manifestazioni affettuose verso i suoi dipendenti, quella mattina smentì sé stesso allorché si sperticò nel tessere le lodi di un impiegato che – fino al giorno prima – era stato considerato la pecora nera dell’ufficio.
Peppino – questo il nome dell’impiegato divenuto improvvisamente un modello da imitare – non credeva ai suoi orecchi: la stanza dove lavorava – per anni considerata la sua prigione – gli appariva una regia e lo Stoppini (il suo carceriere) il miglior uomo del mondo.
Solo più tardi, confidandosi con alcuni colleghi, si rese conto del fatto che qualcosa non quadrava: la manfrina del cavaliere era sincera o nascondeva qualcosa? «Non fidarti, è tutta una manfrina», questa frase dei colleghi gli rimbombava negli orecchi e lo rendeva nervoso.
Quante volte anche a voi, gentili navigatori, sarà capitato di dover sopportare una persona che la fa lunga o per un motivo o per un altro? Una persona, insomma, che fa la manfrina come usa dire correntemente. Questo modo di dire, «fare la manfrina», appunto, è un classico idiotismo, vale a dire una frase dialettale spurgata ed entrata a pieno titolo nel linguaggio nazionale.
È, infatti, una corruzione del dialetto piemontese di Monferrina, una danza allegra e dai movimenti vivaci, di stile villereccio e così chiamata perché un tempo era in voga nel Monferrato ed entrata in società all’inizio del diciannovesimo secolo quale contraddanza.
In senso figurato la manfrina è un discorso, una chiacchierata noiosa e tirata per le lunghe: «è sempre la solita manfrina». O anche, sempre in senso traslato, ossia figurato, una messinscena predisposta al fine di ottenere qualcosa, di convincere o per lo meno coinvolgere qualcuno e votarlo alla propria causa: non fidarti è tutta una manfrina; non mi incanta, conosco bene le sue manfrine! Non dargli retta, sono solo manfrine.

18-11-2008 — Autore: Fausto Raso