C'è ante e... ante

Pregiatissimo Direttore, visto che il suo portale dedica ampio spazio ai problemi del nostro bell’idioma, mi permetta di scrivere questa lettera aperta indirizzata a tutti coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere.
Mi presento. Sono il prefisso Ante e la mia funzione l’annuncia la stessa parola: fissato prima. Il prefisso, dunque, come dicono i miei biografi, vale a dire i grammatici, è ciascuna di quelle parolette, solitamente avverbi o preposizioni, che si mettono prima (dal latino prae, innanzi e fixus, fissato) della radice di una parola per modificarne tutto o in parte il significato.
Io, quindi, sono una parolina che modifica il significato di un vocabolo e in quanto tale discendo — come quasi tutti i prefissi — dal greco o dal latino. Io, in particolare, posso vantare una doppia cittadinanza linguistica, nel senso che, secondo i vocaboli che modifico, posso essere ora latino ora greco.
Sono latino, Ante, quando assumo il significato di prima, avanti e modifico la parola in senso temporale o spaziale: anteguerra (prima della guerra); anteposto (posto prima). Godo della cittadinanza ellenica, Anti (non Ante), quando acquisisco il significato di contro o di fronte e modifico la parola alla quale sono premesso in senso, diciamo battagliero: antidroga (contro la droga); anticostituzionale (contro la costituzione). La cittadinanza greca (antì) è quella che preferisco, per la verità, in quanto mi offre la possibilità di sbizzarrirmi con un numero di parole pressoché illimitato. Dimenticavo di dire, però, che non debbo essere confuso con il latino ante il quale, in alcune parole, per legge linguistica muta la desinenza e in i: antibagno, anticamera. Per essere estremamente chiari, insomma, quando acquisisco la cittadinanza greca sono sempre Anti: anticomunista (contro il comunismo); allorché assumo la cittadinanza latina posso essere ora Ante ora Anti: antefatto (prima del fatto); anticamera (prima della camera).
Ciò che mi preme sottoporre alla vostra attenzione, gentili amici, ed ecco il motivo della lettera aperta, è il fatto che non gradisco essere attaccato alla parola che precedo tramite il trattino. La cosa mi manda letteralmente in bestia. Il prefisso, qualunque prefisso, si unisce direttamente alla parola. Coloro che scrivono anti-inflazione, per esempio, dovrebbero scrivere, per coerenza linguistico-ortografica, ante-nato; anti-patia; anti-papa. Non vi pare? Pedanteria? No, semplice ragionamento.
E sempre a proposito del mio uso corretto — e dell’uso del prefisso in genere — mi piace ricordare a coloro che, come me amano la lingua, che mi manderanno in visibilio se avranno l’accortezza di ricorrere alla crasi ogni volta che ciò è possibile. Ma cos’è questa crasi?
Molti, forse, sentono questo termine per la prima volta. La crasi, dunque, è la fusione di due parole in una, in modo che l’ultima vocale della prima parola si unisca alla prima dell’altra; è, in parole povere, la fusione di due suoni vocalici in uno: medievale per medioevale; fuoruscito per fuoriuscito. Negli esempi sopra citati la vocale o di medio si è fusa con la vocale e di evo; la i di fuori si è fusa con la u di uscito. Tutte le persone che intendono rispettare le norme grammaticali devono attenersi alla crasi, come raccomandano i maggiori glottologi. Scrivete, dunque, antitaliano, non antiitaliano o, peggio ancora anti-italiano. Lo stesso discorso vale anche per i miei colleghi prefissi che preferiscono la crasi là ove è possibile: filoisraeliano è meno elegante della forma crasica filisraeliano; filindiano è più bello di filoindiano. La crasi, insomma, dà ai vostri scritti un tocco di classe. E io alla classe ci tengo.
Ringraziandovi sentitamente della vostra cortese attenzione, vi porgo i miei più cordiali saluti.
Il vostro amico
Ante

03-12-2011 — Autore: Fausto Raso