Molto e... assai

Il nostro mestiere ci porta a spulciare, qua e là, tra le varie opere di gente di cultura e grandi firme del giornalismo. Bene. Abbiamo notato il fatto che, molto spesso, i loro scritti abbondano di parole terminanti in -issimo; abbondano, insomma, di superlativi. Ciò non sempre a vantaggio della scorrevolezza e della bellezza stilistica del periodo.
Sappiamo benissimo — chi può negarlo? — che alcune volte il superlativo è indispensabile per esprimere lo stato d’animo in cui veniamo a trovarci nel momento in cui scriviamo e desideriamo, quindi, metterlo nella massima evidenza con quelle parole terminanti in -issimo: bellissimo; carissimo; lodevolissimo e via dicendo. Il superlativo, insomma, a volte è sommamente indispensabile. Come fare, allora, per evitare tutti quegli -issimi che rovinano i nostri pur pregevoli scritti?
Semplicissimo. Basta abituarsi a usare — per quel senso di misura che, come tutte le attività umane, anche nella lingua è fondamento di bellezza e di chiarezza — più frequentemente gli avverbi molto e assai per formare, appunto, il superlativo. Così facendo molti -issimi scompariranno d’incanto rendendo il periodo più bello e soprattutto più scorrevole.
Gli avverbi molto e assai, oltre tutto, vengono in nostro aiuto specialmente quando con la desinenza -issimo si renderebbe l’aggettivo di brutta o difficile pronuncia. Perché dire, per esempio, variissimo; stufissimo; restiissimo quando la nostra lingua ci dà la possibilità di dire — e con un certo effetto — molto vario; assai carico, assai stufo; molto restio? Ci sono, insomma, tanti altri modi per esprimere il grado del superlativo assoluto senza incaponirsi con gli -issimi.
Se non piacciono gli avverbi molto e assai se ne possono adoperare altri come enormemente; sommamente; eccessivamente; straordinariamente e via dicendo: sommamente ricco; estremamente intelligente. Anche in questo caso, tuttavia, è bene adoperarli con parsimonia. Il troppo…
Concludiamo queste modestissime noterelle, anzi assai modeste (altrimenti predichiamo bene e razzoliamo male) ricordando anche che si può ovviare all’uso eccessivo degli -issimi con alcuni prefissi: arci; ultra; super; extra. Possiamo dire, quindi: ultrarapido; superveloce; arcistufo. La cosa importante — e da non dimenticare — consiste, in questo caso, nello scrivere il prefisso attaccato all’aggettivo (mai con il trattino). Lo dice la stessa parola prefisso: attaccato, fissato prima.
La lingua, insomma, ci offre ampia possibilità di scelta per la formazione del superlativo assoluto, non ultima il raddoppio degli aggettivi stessi: sono stanco stanco (cioè: stanchissimo); il bimbo era buono buono (vale a dire buonissimo). Perché, dunque, tutti quegli -issimi?

25-04-2012 — Autore: Fausto Raso