Velina

Qualcuno si pone dei problemi riguardo alle veline e si vede che si è dimenticato come si scriveva cent’anni fa.
Oggi, se si vuole comunicare con più persone, basta scrivere più indirizzi in testa ad una e-mail; un tempo invece bisognava obbligatoriamente mandare un testo cartaceo.
In un ufficio si batteva il documento su carta normale e si realizzava una copia con la carta carbone. Quando i destinatari erano più di uno — ma non moltissimi, ché in questo caso si sarebbe usato il ciclostile — si mettevano più fogli per le copie e per questo, perché la pressione del tasto arrivasse anche all’ultimo, si utilizzava una carta sottile: la carta velina, appunto.
Il termine divenne antonomastico quando il regime, scrivendo ai giornali, prese ad inviare un testo circolare battuto con questo sistema e velina è passato a significare notizia che il regime chiedeva di pubblicare o commentare.
Poi, in una trasmissione giornalistica della televisione, hanno chiamato veline un paio di ragazze e il resto si sa. Gli è anche andata bene: avrebbero potuto chiamarle bozze o rotative.
Per l’etimologia francese, come è stato detto, è facile risalire ad una pergamena fatta con pelle di vitello. Questa velina era certo molto più spessa della carta attuale, ma essendo meno spessa della pergamena normale, veniva considerata sottile. Da pergamena più sottile a carta più sottile, a velina.

04-01-2014 — Autore: Fausto Raso