I due punti

Non è nostra intenzione urtare la suscettibilità degli amici lettori che conoscono perfettamente l’uso corretto della punteggiatura, in particolare dei due punti. Lo scopo di queste noterelle è quello di rinfrescare la memoria di coloro che ci seguono, con stima e affetto, sull’uso dei due punti perché abbiamo notato che i così detti operatori dell’informazione adoperano questo segno d’interpunzione — che è basilare — “ad capochiam” inducendo in errore i lettori sprovveduti.
Prima di addentrarci nel merito del problema diamo la parola a uno dei maggiori linguisti contemporanei, l’illustre e compianto Aldo Gabrielli. «I due punti sono un segno d’interpunzione (:) che indica una pausa nel corpo di un periodo; pausa che si fa prima di riferire risposte o parole altrui; o prima di cominciare una enumerazione di cose o di concetti; o quando il concetto che segue è una spiegazione (in questo caso i due punti stanno per cioè) o un rafforzamento del precedente: Egli mi disse: Verrò con te; i casi sono due: o pagare o fallire; Vedremo che cosa saprai fare all’esame: sarà la più bella prova se hai studiato o no». 
I due punti, insomma, introducono un discorso diretto e una elencazione o una spiegazione. E qui sorge il problema sull'uso corretto. Molti dimenticano, infatti, che questo segno d’interpunzione — così come gli altri — non può mai separare o dividere il soggetto dal complemento oggetto. È pertanto errato scrivere, per esempio, «Giovanna  è andata al mercato e ha comperato: patate, cipolle, fagioli e pere». In questo caso, infatti, la merce acquistata costituisce la serie dei complementi oggetti introdotti dal verbo ha comperato che non può essere seguito dai due punti separando, così, il soggetto (Giovanna) dai complementi oggetti.
Ma non avevamo detto che i due punti introducono una elencazione? E la merce acquistata non è un elenco? In casi del genere basta far seguire il verbo da questo seguito — a sua volta — dai due punti. In tal modo non si separa il soggetto dal complemento oggetto: «Giovanna è andata al mercato e ha comperato questo: patate, cipolle, fagioli e pere».
Abbiamo notato, inoltre, che è invalso l’uso sulla stampa, la sportiva in particolare, di non mettere le virgolette dopo i due punti quando si riportano le parole di un personaggio. Capita spesso di leggere frasi del tipo «L’allenatore Caio: Ci rifaremo la prossima settimana». Riteniamo superfluo ricordare che i due punti servono a introdurre il discorso diretto nel qual caso le virgolette sono obbligatorie, non basta far cominciare il discorso diretto (le frasi riportate) con la lettera maiuscola. Non seguite, quindi, questi esempi che insozzano la nostra bella lingua. Ma ormai lo sapete, i mezzi di comunicazione di massa non fanno la Lingua, anzi...
I due punti, insomma, come riporta il  Grande libro della lingua italiana sono come due chiodi col moschettone, messi uno al di qua e uno al di là di un ostacolo da superare, per farci passare la fune quando manca l’appoggio per i piedi.
I due punti stanno sempre dove dovrebbe esserci una congiunzione, di qualsiasi tipo, e invece non c’è, così che il discorso deve fare un salto aiutandosi coi due punti come può. Per questo nella lettura, i due punti segnano una pausa forte, e di solito anche un cambiamento di tono, come se, per continuare con l’esempio della camminata in montagna, da questo lato del crepaccio ci fosse un prato e di là un terreno sassoso.

22-06-2014 — Autore: Fausto Raso