Denigrare e insultare

Breve viaggio attraverso il vocabolario italiano alla ricerca di parole di uso comune il cui significato scoperto è noto per... pratica. Sappiamo benissimo — per pratica, appunto — che il verbo denigrare significa  diffamare, screditare, togliere ad altri il buon nome con volontaria malizia. Bene. Soffermiamoci un attimo su quest’ultima accezione per scoprire il significato recondito del verbo.

Quando denigriamo una persona, dunque, le togliamo il buon nome. Ma come? Tingendolo di nero. Denigrare, infatti, vale propriamente tingere di nero venendo pari pari dal latino denigrare, composto con la particella intensiva  de e niger (nero). Adoperato estensivamente nel senso di  annerire il buon nome il verbo in oggetto ha acquisito in lingua volgare (l’italiano) il significato figurato di diffamare tingendo di nero, appunto, il buon nome di una persona.

Quando, invece, insultiamo qualcuno, vale a dire l’oltraggiamo, in senso metaforico gli saltiamo sopra. Anche questo verbo, adoperato in senso figurato, è pari pari il latino insultare, forma intensiva di  insilire (saltar su), formato con la particella in (su, sopra, contro) e salire (saltare). Non diciamo, infatti, sempre in senso figurato, che «quella persona mi è saltata addosso»? Vale a dire mi ha offeso, ingiuriato.

E a proposito di ingiuria, cioè di offesa che lede materialmente o moralmente, quando la mettiamo in atto non facciamo altro che una cosa ingiusta ledendo il diritto di una persona. La voce, infatti, è un derivato del latino iniurius (ingiusto), composto con il prefisso negativo in (che toglie) e ius (diritto). L’ingiuria, quindi, è tutto ciò che è fatto in onta al diritto di alcuno, quindi danno, affronto, oltraggio, L’ingiuria, insomma, è ogni fatto detto o scritto dolosamente allo scopo di togliere il buon nome a una persona ed  è affine ma non uguale alla denigrazione.

18-10-2014 — Autore: Fausto Raso