La tassonomia

Riprendiamo il discorso sulla tassonomia cominciato tempo fa. In quelle noterelle avevamo dimenticato di dire che il termine è un prestito del linguaggio scientifico perché con tassonomia si intende una branca della storia naturale che studia la classificazione degli esseri viventi e dei fossili, dal greco τάξις (taxis, ordine) e νόμος (nomos, legge).
La tassonomia linguistica si potrebbe definire, quindi, la scienza che studia il sesso dei sostantivi in base alla loro collocazione nei vari settori. In base a questa classificazione, contrariamente al buon senso, tendono a collocarsi nel genere femminile i nomi militari che indicano mansioni: guardia; ronda; pattuglia; sentinella e via dicendo.
Ma perché proprio femminili dal momento che queste mansioni erano svolte, fino a qualche anno fa, esclusivamente dagli uomini? Perché, fa notare il linguista Bruno Migliorini, il loro genere è dovuto al valore astratto-collettivo della funzione che questi sostantivi designano, valore che, per l’appunto, la tassonomia lo preferisce rappresentato dal femminile.
Sono altresì di genere femminile i nomi di nozioni astratte, di discipline, di scienze: la bontà, la fiducia; la pace; la grammatica; la geografia, l’informatica (oggi tanto di moda); la passione; la collera ecc. Ma anche in questo settore non mancano le eccezioni come si può notare dal fatto che accanto a molti nomi femminili ci sono sinonimi maschili: allegria/buonumore; giustizia/diritto; discordia/disaccordo; passione/amore e altri che ora non ci sovvengono.
Per quanto riguarda il sesso degli alberi avevamo visto, precedentemente, che questi tendono a collocarsi nel genere maschile, anche se non mancano numerosi alberi orgogliosi della loro femminilità: la vite; la quercia; la betulla; la palma; la sequoia; la magnolia.
Per quanto attiene, infine, al genere del frutto degli alberi della vite, della palma e della quercia — l’uva, il dattero e la ghianda — è interessante notare che il loro nome non si forma dalla medesima radice del nome dell’albero come avviene, per esempio, per castagno/castagna; ciliegio/ciliegia e dunque il loro sesso non è stato vincolato dall’opposizione albero (maschile) / frutto (femminile), come prevede, di norma, la tassonomia.
La vite, tra l’altro, ha conservato lo stesso genere del latino vitis perché nel passaggio dal latino al volgare (l’italiano) i parlanti l’hanno sentita — per il suo aspetto e per il tipo di coltivazione in filari e pergolati — più come pianta che come albero. Ed ecco spiegato il motivo per cui — e rispondiamo al cortese lettore Valerio S. di Lecce —  diciamo la vite e non il vite, pur trattandosi del nome di un albero.
Tendono a collocarsi nel genere maschile — e concludiamo  queste noterelle — e sempre in base alla legge tassonomica i sostantivi indicanti preghiere perché molto spesso conservano il loro antico nome latino o lo affiancano a quello volgare, cioè all’italiano: il Credo; l’Angelus; il Gloria; il Te Deum; il Pater; il Requiem; il Salve. Quest’ultimo, talvolta, si può trovare anche nella forma femminile, come l’Avemmaria (che, però, è rigorosamente di genere femminile). 

07-11-2014 — Autore: Fausto Raso