Squallido…

Sperando di non cadere nella pedanteria ci piace spendere due parole, due, su un aggettivo che, a nostro modesto avviso, andrebbe adoperato solo in senso proprio (anche se i vocabolari ci danno... torto): squallido.
Le cronache dei giornali sono un esempio lampante dell’uso improprio dell’aggettivo su menzionato. Il vocabolo, dunque, significa rozzo, sudicio e simili essendo tratto dal latino squalidus, dal verbo squalere (essere aspro, ruvido).
È adoperato correttamente, quindi, in frasi tipo è proprio una casa squallida, cioè misera, rozza, arredata con mezzi di fortuna.
La stampa, ma non solo, ne fa un uso metaforico adoperandolo, a ogni piè sospinto, con considerazioni morali: «il delitto è maturato nello squallido ambiente della prostituzione; l’imputato ha svolto un ruolo di primo piano in quella squallida vicenda».
Squallido, è bene precisarlo, è tutto ciò «che si trova in uno stato d’abbandono e di miseria, tale da infondere tristezza»; l’uso eccessivo in senso metaforico ha reso quest’aggettivo... squallido. Non sarebbe il caso di adoperare, volendo fare un apprezzamento morale, i più appropriati sostituti avvilente e deprimente? «Una vicenda avvilente, un ambiente deprimente». Sappiamo benissimo di... predicare al vento. Non si sa mai, però...

Etimo.it - squallido

11-01-2016 — Autore: Fausto Raso