Il lei allocutivo

«Lei è veramente buona, signor capitano, nel concedermi la licenza», disse la recluta irrigidita sull’attenti. Il giovanotto, però, dieci minuti più tardi, anziché sul treno diretto a casa, si ritrovò, piangente, in cella di rigore: quel buona aveva offeso l’ufficiale, colpito nella sua virilità.
Vediamo, quindi, le concordanze delle varie parti del discorso quando si usa il lei allocutivo, il così detto lei di rispetto.
La logica vuole che le voci verbali diventino femminili perché lei è, appunto, un pronome personale di terza persona singolare femminile. Diremo, quindi, lei è invitata alla cerimonia, oppure lei è stata rimproverata per… tanto riferito a una donna quanto a un uomo.
Quando in una frase c’è un aggettivo con funzione di predicato, secondo la norma logico-grammaticale, dovremmo, dunque, metterlo al femminile e dire lei è cattiva e presuntuosa sia con riferimento a un uomo sia con riferimento a una donna?
In casi del genere occorre affidarsi al buon senso; se il lei si riferisce a un uomo, le voci verbali e gli aggettivi saranno, ovviamente, maschili: lei è buono, signor capitano.
Saranno rigorosamente femminili, invece, le particelle pronominali (anche se si tratta di un uomo): signor capitano, la prego, mi conceda una breve licenza. Rivolgendoci a più persone il lei diventa, naturalmente loro e segue le medesime regole che sono state menzionate per il lei allocutivo: signori, loro almeno, siano tanto comprensivi nei nostri riguardi; signore, siano sempre buone con i loro pargoletti.
Va da sé che quando si adopera la perifrasi dell’eccellenza vostra, signoria vostra, ecc., si deve mettere tutto al femminile (verbi, aggettivi, pronomi).

06-02-2009 — Autore: Fausto Raso