La tmesi

Non crediamo di sbagliare se diciamo che l’argomento di cui vogliamo parlare in queste noterelle non sempre è trattato dai sacri testi, e se lo trattano non lo affrontano con la dovuta partecipazione. Intendiamo parlare della tmesi.
Non crediamo, anche, di peccare di presunzione se scriviamo che la quasi totalità delle persone, pure quelle così dette acculturate, non hanno mai sentito parlare del termine in questione che, al contrario, dovrebbe essere sulla bocca di tutti, soprattutto sulla  bocca di coloro che — dalle colonne dei giornali — si piccano di fare la lingua. Vediamo, dunque, di cosa si tratta.
Con il suddetto vocabolo di origine greca, τμ ῆσις (tmèsis,  taglio), derivato da una radice di  τέμνειν (tèmnein, tagliare), si designa, in linguistica, la separazione di due elementi solitamente uniti  in un’unica parola o la divisione di due parole che costituiscono un nesso unitario mediante interposizione di altri elementi come, per esempio, aggettivo più sostantivo, verbo servile più infinito, ausiliare più participio passato.
La tmesi si adopera, particolarmente, nella metrica e in questo caso consiste nella spezzatura di una parola in fin di verso, ottenuta, per lo più, ripristinando l’antica autonomia delle sue componenti, come ci chiarisce un bellissimo esempio di Giovanni Pascoli (La via ferrata, I-2): «Tra gli argini su cui mucche ‘tranquilla’ / ‘mente’ pascono». La tmesi si ritrova, sopra tutto (ecco un altro esempio di tmesi), nella lingua letteraria dei secoli passati (Settecento-Ottocento) e si ha tra il sostantivo e l’aggettivo.
Alcuni esempi renderanno, come il solito, tutto più chiaro. E li prendiamo da alcuni grandi, rispettivamente il Parini e il Foscolo: «Le ‘gravi’ per molto adipe ‘dame’» (“La notte”) e  «‘Questa’ / ‘bella’ d’erbe ‘famiglia’ e d’animali» (“Sepolcri”). Come si evince dagli esempi l’ordine logico-naturale dovrebbe essere aggettivo più sostantivo: gravi dame e bella famiglia. Nella tmesi, invece, il nesso naturale  viene spezzato mediante l’inserimento di altri elementi. 

11-04-2016 — Autore: Fausto Raso