Il granturco (grano per tacchini)

Tutti sanno — o dovrebbero sapere — quale alito di rinnovamento linguistico abbia portato nel vecchio mondo (Europa) la scoperta dell’America per opera dei grandi navigatori italiani tra i quali vanno menzionati Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci. Con queste noterelle vogliamo mettere in evidenza — sperando di riuscirci — il contributo che la lingua americana ha dato al nostro idioma.
Ben presto, dunque, gli scopritori si trovarono a dover designare gli oggetti, le piante, gli animali, i fenomeni che esistevano nel nuovo mondo e non nel nostro, così parecchi di quei nomi — entrati nel nostro vocabolario — finirono col diventare comunissimi.
Basti pensare che provengono dall’America le patate, il granturco, i pomodori, i tacchini, i fagioli e le zucche. Oggi nessuno, quando va al mercato a comprare un chilo di patate, per esempio, sa di adoperare un americanismo tanto è comune, ormai, quel nome.
E a proposito di piante provenienti dal nuovo mondo, i linguisti dell’epoca si trovarono di fronte a un dilemma: accettare i nomi adoperati dagli indigeni o coniare termini nuovi. Furono seguite ambedue le strade: per le patate, per esempio, fu mantenuto il nome americano un po’ alterato; per il pomodoro i linguisti crearono un nome nostrano.
Ancora oggi, a distanza di secoli, c’è oscillazione fra le due strade per quanto attiene al nome di una pianta: il granturco. Chi lo chiama col nome americano mais, chi con quello italiano granone, frumentone, granturco. Perché grano turco si domanderà — giustamente — qualcuno? La Turchia che cosa c’entra? Nulla, assicurano storici e botanici.
Colombo ci fa sapere d’aver portato lui stesso i semi di quella pianta in Spagna, di ritorno dal suo primo viaggio americano. Perché turco, dunque? Per alcuni linguisti (e vocabolaristi) la risposta è più semplice di quanto si possa immaginare: l’aggettivo turco va inteso come esotico. La verità vera del nome va ricercata, invece, in un errore di traduzione dell’inglese wheat of turkey, vale a dire grano per tacchini, così denominati per una certa somiglianza del collo di questi animali a un turbante turco (la Turchia c'entra di striscio, per un errore dei traduttori).
Provengono dal continente americano anche i così detti fichi d’India, così chiamati perché provenienti dalle Indie, senza specificare se venissero dall’India o dal nuovo mondo che, a causa del suo errore geografico, Colombo riteneva essere l’India. Forse annoieremmo gli amici lettori se elencassimo tutti gli americanismi entrati a pieno titolo nella nostra lingua nel Cinquecento e nei secoli successivi per designare animali e piante, cibi e bevande e altri oggetti d’uso comune.
Vale la pena, però, citare alcuni nomi di animali di cui si ha conoscenza solo attraverso i libri o, tutt’al più, attraverso i giardini zoologici come i giaguari, i lama, i mandù, tutti animali che non si sono acclimatati nel vecchio continente (Europa). Riteniamo interessante citare anche alcuni nomi di piante medicinali  come la china e la coca, il guaiaco e l’ipecacuana (rubiacea sudamericana da cui si ricava un medicamento che ha la capacità di far vomitare).
E come non menzionare un famoso legno  pregiato, il mogano? E concludiamo con il cannibale, nome adoperato per indicare un antropofago, che in realtà non è che un uso estensivo del nome proprio di una popolazione delle Antille: Cannibali o Caribi.

17-05-2016 — Autore: Fausto Raso