La siesta

Se non ricordiamo male, come abbiamo scritto altre volte, un vocabolo per svariati motivi — nel corso dei secoli — può subire dei cambiamenti di significato o allontanarsi leggermente dall’accezione primaria e la siesta è uno di questi.
La siesta, dunque, vale a dire quel breve sonnellino che si fa dopo il pranzo, pur derivando dallo spagnolo, si richiama al...  latino hora sexta, cioè mezzogiorno. Stando all’etimologia, quindi, coloro che amano rilassarsi dovrebbero appisolarsi a mezzogiorno in punto o giù di lì; ma oggi non è proprio così, perché questo termine — come accennavamo all’inizio di queste noterelle — si è allontanato leggermente dall’accezione primaria. Vediamolo assieme.
La siesta, innanzi tutto, non è un’abitudine della civiltà industriale ma di quella contadina; vogliamo dire, cioè, che è nata nel mondo agricolo. Il lavoro dei campi permette, infatti, questa sosta pomeridiana in tutte le stagioni: d’estate, quando il lavoro è maggiore, la siesta viene compensata dalla levataccia mattutina; d’inverno, quando il tempo d’illuminazione solare è più breve, il compenso viene dalla minore mole di lavoro campestre. La siesta, insomma, era già un’abitudine dei nostri padri latini, popolo essenzialmente contadino.
Il termine — come abbiamo anticipato — proviene dall’espressione latina hora sexta (ora sesta, mezzogiorno). I Latini, infatti, dividevano la giornata in due sezioni di circa dodici ore l’una: dalle sei alle diciotto (dodici horae diurnae) e dalle diciotto alle sei, l’ora del sorgere del sole all’equinozio (dodici horae nocturnae); l’hora sexta, per tanto, corrispondeva press’a poco al nostro mezzogiorno, momento in cui i contadini romani avevano finito il pranzo e si concedevano un po’ di relax (si perdoni il barbarismo) all’ombra, magari, di un olmo o di un ulivo.
In seguito, come avviene sempre in questioni di lingua, il popolo lasciò cadere il sostantivo hora limitandosi a dire sexta, che nella lingua volgare è divenuto siesta.
Oggi, quindi, chi può continua a godersi il pisolino non più all’hora sexta, cioè a mezzogiorno, ma nelle prime ore del pomeriggio, senza pensare, ovviamente, agli antichi padri latini.

26-05-2016 — Autore: Fausto Raso