Andare...

Non ricordiamo, onestamente, se l’argomento che tratteremo è stato già… trattato, nel caso chiediamo scusa in anticipo per la ripetizione.
Il verbo andare, nella sua accezione primaria generica, vuol dire spostarsi, muoversi da un luogo a un altro: vado a Roma (vale a dire: mi sposto dal luogo abituale per andare in un altro). Può anche, di volta in volta, acquisire il significato di dirigersi, recarsi e così via.
È bene, quindi, che coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere non abusino di questo verbo ambivalente ma adoperino, secondo i casi, un verbo più appropriato, tranne, ovviamente, in alcune locuzioni particolari — proprie del nostro idioma — in cui andare la fa da padrone per dare maggiore efficacia espressiva al discorso. Vediamole assieme.
Andare a fondo, esaminare attentamente una questione; andare a zonzo, girellare qua e là, senza una precisa meta; andare per le lunghe, indugiare troppo, procedere con molta lentezza; andare a genio, soddisfare, piacere; andare per la maggiore, essere fra i primi, essere di moda; andare in fumo, non concludere nulla; andare a ruba, essere venduto in pochissimo tempo; andare a rotoli, essere rovinato; andare a nozze, sposarsi, ma anche piacere; andare con uno, frequentarlo assiduamente; andare a Canossa, pentirsi; andare col vento in poppa, procedere favorevolmente, non incontrare ostacoli di sorta; andare a vuoto, riuscire vano; andare per terra, cadere; andare in persona (locuzione poco adoperata), recarsi personalmente; andare d’amore e d’accordo, essere in perfetta armonia con qualcuno.
Potremmo continuare, ma non vogliamo abusare della vostra pazienza che dimostrate nei nostri confronti. Non possiamo chiudere, però, senza ricordarvi che il verbo andare è bene adoperato per indicare un particolare modo di abbigliarsi, di atteggiarsi: andare pulito, vestito bene; andare in maniche di camicia.

27-05-2016 — Autore: Fausto Raso