Indietro Indice Autori Italiani

Camillo Benso, conte di Cavour
(✶1810   †1861)


Dopo la firma dell'alleanza, Cavour escogitò una serie di provocazioni militari al confine con l'Austria che, allarmata, gli lanciò un ultimatum chiedendogli di smobilitare l'esercito. Il Conte rifiutò e l'Austria aprì le ostilità contro il Piemonte il 26 aprile 1859, facendo scattare le condizioni dell'alleanza sardo-francese. Era la seconda guerra di indipendenza.

Ma i movimenti minacciosi dell'esercito prussiano convinsero Napoleone III, quasi con un atto unilaterale, a firmare un armistizio con l'Austria a Villafranca l'11 luglio 1859, poi ratificato dalla Pace di Zurigo, stipulata l'11 novembre. Le clausole del trattato prevedevano che a Vittorio Emanuele II sarebbe andata la sola Lombardia e che per il resto tutto sarebbe tornato come prima.

Cavour, deluso e amareggiato dalle condizioni dell'armistizio, dopo accese discussioni con Napoleone III e Vittorio Emanuele, decise di dare le dimissioni da presidente del Consiglio, provocando la caduta del governo da lui guidato il 12 luglio 1859.

Il terzo governo Cavour (1860-1861)


Nizza e Savoia per Modena, Parma, Romagna e Toscana

Già durante la guerra i governi e le forze armate dei piccoli Stati italiani dell'Italia centro-settentrionale e della Romagna pontificia abbandonarono i loro posti e dovunque si installarono autorità provvisorie filo-sabaude. Dopo la Pace di Zurigo, tuttavia, si giunse ad una fase di stallo, poiché i governi provvisori si rifiutavano di restituire il potere ai vecchi regnanti (così come previsto dal trattato di pace) e il governo di La Marmora non aveva il coraggio di proclamare le annessioni dei territori al Regno di Sardegna. Il 22 dicembre 1859 Vittorio Emanuele II si rassegnò, così, a richiamare Cavour che nel frattempo aveva ispirato la creazione del partito di Unione Liberale.

Il Conte, rientrato alla presidenza del Consiglio dei Ministri il 21 gennaio 1860, si trovò in breve di fronte ad una proposta francese di soluzione della questione dei territori liberati: annessione al Piemonte dei ducati di Parma e Modena, controllo sabaudo della Romagna pontificia, regno separato in Toscana sotto la guida di un esponente di Casa Savoia e cessione di Nizza e Savoia alla Francia. In caso di rifiuto della proposta il Piemonte avrebbe dovuto affrontare da solo la situazione di fronte all'Austria, "a suo rischio e pericolo".

continua sotto




Rispetto agli accordi dell'alleanza sardo-francese questa proposta di soluzione sostituiva per il Piemonte l'annessione del Veneto che non si era potuto liberare dall'occupazione austriaca. Stabilita, di fatto, l'annessione di Parma, Modena e Romagna, Cavour, forte dell'appoggio della Gran Bretagna, sfidò la Francia sulla Toscana, organizzando delle votazioni locali sull'alternativa fra l'unione al Piemonte e la formazione di un nuovo Stato. Il plebiscito si tenne l'11 e il 12 marzo 1860, con risultati che legittimarono l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna.

Il governo francese reagì con grande irritazione sollecitando la cessione della Savoia e di Nizza che avvenne con la firma del Trattato di Torino il 24 marzo 1860. In cambio di queste due province il Regno di Sardegna acquisì, oltre alla Lombardia, anche l'attuale Emilia-Romagna e la Toscana trasformandosi in una nazione assai più omogenea.

Di fronte all'Impresa dei Mille

Cavour era al corrente che la Sinistra non aveva abbandonato l'idea di una spedizione in Italia meridionale e che Garibaldi, circondato da personaggi repubblicani e rivoluzionari, era in contatto a tale scopo con Vittorio Emanuele II. Il Conte considerava rischiosa l'iniziativa alla quale si sarebbe decisamente opposto, ma il suo prestigio era stato scosso dalla cessione di Nizza e Savoia e non si sentiva abbastanza forte.

Cavour riuscì, comunque, attraverso Giuseppe La Farina a seguire le fasi preparatorie dell'Impresa dei Mille, la cui partenza da Quarto fu meticolosamente sorvegliata dalle autorità piemontesi. Ad alcune voci sulle intenzioni di Garibaldi di sbarcare nello Stato Pontificio, il Conte, preoccupatissimo per la eventuale reazione della Francia, alleata del Papa, dispose il 10 maggio 1860 l'invio di una nave nelle acque della Toscana "per arrestarvi Garibaldi".

Il generale invece puntò a Sud e dopo il suo sbarco a Marsala (11 maggio 1860) Cavour lo fece raggiungere e controllare (per quanto possibile) da La Farina. In campo internazionale, intanto, alcune potenze straniere, intuendo la complicità del Regno di Sardegna nell'impresa, protestarono con il governo di Torino che poté affrontare con una certa tranquillità la situazione data la grave crisi finanziaria dell'Austria, in cui era anche ripresa la rivoluzione ungherese.

Napoleone III, d'altra parte, si attivò subito nel ruolo di mediatore e, per la pace, propose a Cavour l'autonomia della Sicilia, la promulgazione della costituzione a Napoli e a Palermo e l'alleanza fra Regno di Sardegna e Regno delle due Sicilie. Immediatamente il regime borbonico si adeguò alla proposta francese instaurando un governo liberale e proclamando la costituzione. Tale situazione mise in grave difficoltà Cavour per il quale l'alleanza era irrealizzabile. Nello stesso tempo non poteva scontentare Francia e Gran Bretagna che premevano almeno per una tregua.

Il governo piemontese decise allora che il Re avrebbe inviato un messaggio a Garibaldi con il quale gli si intimava di non attraversare lo stretto di Messina. Il 22 luglio 1860 Vittorio Emanuele II inviò sì la lettera voluta da Cavour, ma la fece seguire da un messaggio personale nel quale smentiva la lettera ufficiale.

continua sotto




Garibaldi a Napoli

L'arrivo di Giuseppe Garibaldi a Napoli (7 settembre 1860). Evento che Cavour tentò di prevenire organizzando una sommossa filopiemontese che fallì.

Il 6 agosto 1860 il conte di Cavour informò i delegati del Regno delle due Sicilie del rifiuto di Garibaldi di concedere la tregua dichiarando esauriti i mezzi di conciliazione e rinviando ad un futuro incerto i negoziati per l'alleanza.

Negli stessi giorni il Conte, nel timore di far precipitare i rapporti con la Francia, sventò una spedizione militare di Mazzini che dalla Toscana doveva muovere contro lo Stato Pontificio. A seguito di questi avvenimenti, Cavour si preparò a fare tutti i suoi sforzi per impedire che il movimento per l'unità d'Italia diventasse rivoluzionario. In questa ottica cercò, nonostante il parere sfavorevole del suo ambasciatore a Napoli Villamarina, di prevenire Garibaldi nella capitale borbonica organizzando una spedizione clandestina di armi per una rivolta filopiemontese che non si poté realizzare. Garibaldi entrò trionfalmente a Napoli il 7 settembre 1860 fugando, per l'amicizia che serbava a Vittorio Emanuele II, i timori di Cavour.

L'annessione di Marche, Umbria e Regno delle due Sicilie

Fallito il progetto di un successo moderato a Napoli, il Conte per ridare a Casa Savoia una parte attiva nel movimento nazionale, decise l'invasione delle Marche e dell'Umbria pontificie. Ciò avrebbe anche allontanato il pericolo di un'avanzata di Garibaldi su Roma e uno scontro fatale con la Francia. Bisognava però preparare Napoleone III agli avvenimenti e convincerlo che l'invasione piemontese dello Stato Pontificio sarebbe stato il male minore. Per la delicata missione diplomatica il Conte scelse Farini e Cialdini.

Il timore di un attacco austriaco al Piemonte, tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour inviò un ultimatum allo Stato Pontificio intimandogli di licenziare i militari stranieri; seguito, l'11 settembre 1860, dalla violazione dei confini. La Francia reagì duramente in difesa del Papa, ma senza effetti pratici. Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché quest'ultimo aveva proclamato il 10 che avrebbe consegnato al Re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto il plauso di Mazzini.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

Pagina precedente
6/8
Pagina successiva
Indietro Indice Autori Italiani