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Carlo Goldoni
(✶1707 †1793)
«Goldoni [...] riuscì il Galileo della nuova letteratura.»
(Francesco De Sanctis, Storia della letteratura italiana [1870], Morano, Napoli 1890, p. 385.)
Carlo Osvaldo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793) è stato un drammaturgo, scrittore, librettista e avvocato italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.
Goldoni è considerato uno dei padri della commedia moderna e deve parte della sua fama anche alle opere in lingua veneta.
«Ella pure nel nostro Veneto idioma; ma colla scelta delle parole, e colla robustezza dei sentimenti, ha fatto conoscere che la lingua nostra è capace di tutta la forza e di tutte le grazie dell'arte oratoria e poetica, e che usata anch'essa da mano maestra, non ha che invidiare alla più elegante Toscana. Ella aveva ciò dimostrato altre volte in varie pubbliche azioni, nelle quali vuole il sistema di questa ben regolata Repubblica Veneta che del proprio nativo idioma gli Oratori si valgano, e la di Lei naturale facondia, unita al chiarissimo suo talento, ed allo studio incessante di cui si compiace, rende l'E. V. ammirabile nell'età verde in cui si ritrova, e fa sperare in Lei coll'andar degli anni un benemerito cittadino di questa Patria gloriosa.»
(Carlo Goldoni, presentazione de Le Massere, 1755)
Nacque a Venezia il 25 febbraio 1707, da una famiglia borghese di origini modenesi per parte dei nonni paterni. In difficoltà finanziarie in seguito agli sperperi del nonno paterno Carlo Alessandro, il padre Giulio si trasferì a Roma per studiare medicina, lasciando Carlo con la madre Margherita Salvioni. Pare non fosse riuscito a conseguire la licenza di medico, ma divenne comunque farmacista ed esercitò la professione a Perugia, richiamando a sé tutta la famiglia.
Goldoni si formò da prima con un precettore, quindi fu in collegio dai gesuiti a Perugia e poi dai domenicani di Rimini, infine ancora con un insegnante privato, il domenicano Candini. Di questo periodo è noto l'episodio della fuga da Rimini a Chioggia (dove nel frattempo si erano trasferiti i genitori) al seguito di una compagnia di comici. La fuga avvenne tramite una barca che trasportava i comici ed è stata celebrata nel 2007 nel Piccolo Teatro di Milano, con uno spettacolo intitolato appunto "La barca dei comici".
Tornato con la madre a Venezia nel 1721, fece praticantato presso lo studio legale dello zio Giampaolo Indric. Nel 1723 passò al collegio Ghislieri di Pavia grazie a una borsa di studio offerta dal marchese Pietro Goldoni Vidoni, protettore della famiglia, ma ne venne espulso prima di concludere il terzo anno per essere stato l'autore di un'opera satirica ispirata ad alcune fanciulle della borghesia locale. Fu poi a Udine e a Vipacco al seguito del padre, medico del conte Francesco Antonio Lantieri; qui si recò nel 1727 per un periodo di quattro mesi. Qualche anno dopo, nella sua opera "Memoires", definì la sosta come una "scampagnata", caratterizzata ogni giorno da un "abbondantissimo" trattamento gastronomico; in particolare cita: "una certo vino rosso che era definito crea-bambini, offrendo pretesto per piacevoli scherzi".
Ebbe così inizio un periodo piuttosto avventuroso della sua vita e, dopo aver ancora seguito il padre in Friuli, Slovenia e Tirolo, riprese gli studi a Modena. A Feltre elaborò le prime opere comiche, ancora in forma dilettantesca (Il buon padre e La cantatrice). La passione per il teatro caratterizzava già la sua inquieta esistenza. Con l'improvvisa morte del padre nel 1731, si dovette prendere carico della famiglia: tornato a Venezia, completò gli studi a Padova e intraprese la carriera forense.
Nel 1734 incontrò a Verona il capocomico Giuseppe Imer e con lui tornò a Venezia dopo aver ottenuto l'incarico di scrivere testi per il teatro San Samuele, di proprietà Grimani. In questo periodo nacquero le prime tragicommedie scritte dal neo-avvocato per questa compagnia a partire da Il Belisario del 1734 fino al Giustino del 1738. Seguendo a Genova la compagnia Imer, conobbe e sposò Nicoletta Conio. Con lei Goldoni tornò a Venezia.
Nel 1738 Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia, il Momolo cortesan, con la sola parte del protagonista interamente scritta. A Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia interamente scritta, La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti.
Continuò a lavorare nel teatro durante la guerra di successione austriaca curando gli spettacoli di Rimini occupata dagli austriaci; poi soggiornò in Toscana a Pisa (1744-1748) praticando principalmente l'attività di avvocato.
Goldoni non abbandona i contatti con il mondo teatrale e fu convinto dal capocomico Girolamo Medebach a sottoscrivere un contratto come scrittore per la propria compagnia che recitava a Venezia al teatro Sant'Angelo. Nel 1748 torna a Venezia e fino al 1753 scrive per la compagnia Medebach una serie di commedie, in cui, distaccandosi dai modelli della commedia dell'arte, realizza i principi di una "riforma" del teatro. A questo periodo appartengono L'uomo prudente, La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La famiglia dell'antiquario e L'erede fortunata: qui, tranne nell'ultima, emergono le polemiche sulla novità del teatro goldoniano e la rivalità con l'abate Pietro Chiari, che lavora per il teatro San Samuele.
Realizza inoltre le famose sedici commedie in un solo anno (il 1750, frutto di una scommessa con il suo pubblico) tra cui Il teatro comico (primo importante esempio di teatro nel teatro e che si può' considerare il manifesto della sua riforma teatrale), La bottega del caffè, Il bugiardo, La Pamela, tratta dal romanzo di Samuel Richardson, Il giuocatore, La dama prudente, L'avventuriere onorato, I pettegolezzi delle donne. L'attività per il Medebach continuò poi con Il Molière, L'amante militare, Il feudatario, La serva amorosa, fino a La locandiera e a Le donne curiose. Dopo aver rotto con il Medebach, Goldoni assume un nuovo impegno nel 1753, questa volta con il teatro San Luca, di proprietà Vendramin. Comincia quindi un periodo travagliato in cui Goldoni scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell'arte: fra le tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le commedie si possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il campiello.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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