f DIZIONARIO ITALIANO - Dizionario degli autori italiani - Francesco d'Assisi

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Francesco d'Assisi
(✶1182   †1226)

«Allora perché hai abbandonato il padrone, per seguire il servo?»

Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare.

Un giorno a Roma, dove venne mandato dal padre a vendere una partita di merce, non solo distribuì il denaro ricavato ai poveri, ma scambiò le sue vesti con un mendicante e si mise a chiedere l'elemosina davanti alla porta di San Pietro.

Anche il suo atteggiamento nei confronti delle altre persone mutò radicalmente: un giorno incontrò un lebbroso e, oltre a dargli l'elemosina, lo abbracciò e lo baciò. Come racconterà lo stesso Francesco, prima di quel giorno non poteva sopportare nemmeno la vista di un lebbroso: dopo questo episodio, scrisse che

«ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza d'anima e di corpo»
(dal Testamento di san Francesco, 1226)

Ma è nel 1205 che avvenne l'episodio più importante della sua conversione: mentre pregava nella chiesa di San Damiano, raccontò di aver sentito parlare il Crocifisso, che per tre volte gli disse: «Francesco, va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».

Dopo quell'episodio, le "stranezze" del giovane si fecero ancora più frequenti: Francesco fece incetta di stoffe nel negozio del padre e andò a Foligno a venderle, vendette anche il cavallo, tornò a casa a piedi e offrì il denaro ricavato al sacerdote di San Damiano perché riparasse quella chiesina. Pietro Bernardone diventò furente; molti ad Assisi furono solidali con quel padre che vedeva tradite le proprie aspettative: Francesco nella sua eccessiva generosità poteva essere interpretato come uno che dava sintomi di squilibrio mentale e così sicuramente lo intese il padre.

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Il processo davanti al vescovo

Il padre cercò, all'inizio, di allontanare Francesco per nasconderlo alla gente. Poi, vista la sua incapacità di fronte all'irriducibile "testardaggine" del figlio, decise di denunciarlo ai consoli per vietarlo e privarlo, non tanto per il danno poco oneroso subito, quanto piuttosto con la segreta speranza che, sotto la pressione della punizione della condanna dalla città, il ragazzo cambiasse atteggiamento.

Il giovane, però, si appellò ad un'altra autorità: fece ricorso al vescovo. Il processo si svolse così nel mese di gennaio (o febbraio) del 1206, nel palazzo del vescovo; «tutta Assisi» fu presente al giudizio. Francesco, non appena il padre finì di parlare,

«non sopportò indugi o esitazioni, non aspettò né fece parole; ma immediatamente, depose tutti i vestiti e li restituì al padre [...] e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: "Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza".»

Francesco diede così inizio ad un nuovo percorso di vita. Il vescovo Guido lo coprì pudicamente agli sguardi della folla (pur non comprendendo a pieno quel gesto plateale). Con quest'atto di manifesta protezione si volle leggere l'accoglienza di Francesco nella Chiesa.

Il soggiorno a Gubbio

Da uomo nuovo Francesco cominciò il suo viaggio: nell'inverno 1206 partì per Gubbio, dove il giovane aveva da sempre diversi amici, tra cui Federico Spadalonga che aveva condiviso con Francesco anche la prigionia nelle carceri di Perugia; Federico lo accolse benevolmente nella sua casa, lo sfamò e lo rivestì. Ospite degli Spadalonga, Francesco «amante di ogni forma di umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso i lebbrosi restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.» Si trattava del lebbrosario di Gubbio che era intitolato a san Lazzaro di Betania, e nel suo Testamento Francesco disse chiaramente che la vera svolta verso la piena conversione ebbe inizio per lui a Gubbio, quando si era accostato a queste persone bisognose. Francesco non vi ebbe mai una fissa dimora: solo sette anni più tardi (nel 1213) il beato Villano, Vescovo di Gubbio, già abate benedettino dell'abbazia di San Pietro, concesse ai frati di stabilire una loro sede nell'antica Santa Maria della Vittoria, detta della Vittorina, che la tradizione indica come il luogo in cui Francesco ammansì il famoso Lupo.

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I primi compagni e la predicazione

Arrivata l'estate e placatosi lo scandalo sollevato dalla rinuncia dei beni paterni, Francesco ritornò ad Assisi. Per un certo periodo se ne stette solo, impegnato a riparare alcune chiese in rovina, come quella di San Pietro (al tempo, fuori le mura), la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli e San Damiano.

I primi anni della conversione furono caratterizzati dalla preghiera, dal servizio ai lebbrosi, dal lavoro manuale e dall'elemosina. Francesco scelse di vivere nella povertà volontaria e, ispirandosi all'esempio di Cristo, lanciando un messaggio opposto alla società duecentesca dalle facili ricchezze. Francesco rinunciò alle attrattive mondane, vivendo gioiosamente come un ignorante, un "pazzo" ovvero un "giullare", dimostrando come la sua obiezione ai valori egemoni nella società secolare di allora potesse generare una perfetta letizia. In questo senso il suo esempio aveva un che di sovversivo rispetto alla mentalità del tempo.

Il 24 febbraio 1208, giorno di san Mattia, dopo aver ascoltato il passo del Vangelo secondo Matteo nella chiesetta Porziuncola nella campagna di Assisi, Francesco sentì fermamente di dover portare la Parola di Dio per le strade del mondo. Iniziò così la sua predicazione, dapprima nei dintorni di Assisi. Ben presto altre persone si aggregarono a lui e, con le prime adesioni, si formò il primo nucleo della comunità di frati. Il primo di essi fu Bernardo di Quintavalle, suo amico d'infanzia. Tra gli altri si ricordano Pietro Cattani, Filippo Longo di Atri, frate Egidio, frate Leone, frate Masseo, frate Elia da Cortona, frate Ginepro. Insieme ai suoi compagni, Francesco iniziò a portare le sue predicazioni fuori dall'Umbria.

Stile

Secondo le fonti del tempo, le sue sono prediche semplici e di grande presa: quando Francesco parla, riesce a conquistare gli ascoltatori. Ne I fioretti di san Francesco si narra ad esempio che a "Cannaia" (ovvero Cannara, in alcune trascrizioni "Carnano"), gli abitanti rimangono affascinati dalle sue parole, a tal punto da suscitare una sorta di conversione di massa. È in questa circostanza che Francesco pensa alla creazione del Terz'Ordine oggi denominato Ordine francescano secolare. In alcune versioni più tardive dei Fioretti al posto di "Carnano" o "Cannaia" (ovvero Cannara) si legge "Savurniano" ma si tratta molto probabilmente di una trascrizione errata dettata da forme campanilistiche del tempo. Secondo un'interpretazione che associa la nascita del Terz'Ordine Francescano al miracolo del "silenzio delle rondini" si può desumere dagli scritti del primo biografo francescano, frate Tommaso da Celano, che la fondazione (o almeno la promessa) da parte di San Francesco di istituire il Terz’Ordine Francescano è stata fatta nel 1212 ad Alviano, un borgo tra Orte ed Orvieto, poco distante da Todi. La stessa esegesi è possibile farla nella "Legenda Maior" di San Bonaventura.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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