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Giacomo Zanella
(✶1820 †1888)
Prime pubblicazioni
Nel 1864 gli era stato chiesto di pubblicare i suoi versi, ma il poeta è restio e solamente nel 1867 si lascerà finalmente convincere e, dopo intenso lavoro di riordino, anche aiutato e sorretto dagli amici, finalmente il volume è pronto. Il libro venne stampato presso l'editore Barbèra nel 1868 con il titolo di Versi e ottenne presto un grande successo soprattutto nell'ambiente veneto, dove Zanella aveva molti amici fedeli e affezionati.
La poesia di Zanella cominciava ad affermarsi quando più debole si faceva sentire quella di Prati e di Aleardi con le sue forme stucchevoli e lacrimevoli, e si può collocare tra il periodo che intercorre tra la poesia di Leopardi e quella di Carducci.
Pertanto la voce poetica di Zanella s'impone in quel periodo della seconda generazione romantica che darà poi inizio al moto di reazione, con la Scapigliatura da una parte e la poesia realistica dall'altra, per giungere sino al neoclassicismo di Carducci, mentre all'influsso del parnassianesimo francese si mescolava quello del sorgente scientismo e del positivismo.
Zanella, inserito in questo complesso di esperienze, riesce, forse più di altri poeti e scrittori dell'epoca, a distinguersi per certe caratteristiche proprie, tanto da apparire quasi una figura isolata.
Estetica
Dove trovasse la sua estetica Zanella, ce lo dice: "Io la mia estetica l'ho trovata da un pezzo nel vecchio Omero. Il cantore sia libero; la materia che prende a trattare sia possibilmente nuova e resa amabile dalla bellezza del verso. Ecco il canone supremo, immortale dell'arte". Egli voleva, nella poesia, precisione, sobrietà e purezza di forme, ed è facile comprendere come mai egli fu così spesso severo contro l'arte poetica dei suoi tempi.
Zanella si preoccupa non solo della forma, ma anche del contenuto della poesia e per le sue liriche egli usò pure le forme metriche classiche della lirica italiana, mentre non fu favorevole né alla canzone libera del tipo leopardiano, né ai metri barbari.
Nel 1870 scrive l'ode Gli Ossari di S. Martino e Solferino che fu oggetto d'interpretazioni inesatte e tendenziose. In questa ode vi sono due versi particolarmente fieri contro i repubblicani, allora capeggiati da Felice Cavallotti.
Gli anni della malinconia
Nel 1871 fu eletto Rettore dell'Università di Padova per l'anno accademico 1871-1872, anno in cui si ammala gravemente la madre, alla quale il poeta era legato da profondo affetto. In quello stesso anno, 1872, la madre muore lasciando Zanella in un grande stato di malinconia, dal quale non seppe reagire né il corpo né lo spirito per molti anni.
Nel 1875 Zanella chiese e ottenne dal ministro Bonghi di essere collocato a riposo. Gli fu conferito il titolo di professore emerito della facoltà di Lettere e filosofia nell'Università di Padova. Più tardi l'Università di Napoli gli propose la cattedra di Letteratura Italiana nella Facoltà di Lettere, ma egli declinò l'offerta.
Villetta a Cavazzale
Nel 1876 il poeta sembra riprendersi ma sente, dopo quegli anni di "fiera malinconia", il desiderio della solitudine e della pace campestre per poter dimenticare, a contatto con la natura tanto amata, i travagli del "secol faccendiere".
Nel 1878, si fece costruire una villetta a Cavazzale, sulle rive del fiume Astichello, e lì trascorse i suoi ultimi anni, recandosi ogni tanto in città a trovare gli amici.
La raccolta di poesie: Astichello
In questi anni Zanella seppe dare il meglio del suo spirito e della sua arte, perché seppe trascrivere con semplicità le sensazioni che le cose minute della natura gli risvegliavano e i sonetti, raccolti sotto il nome di l'Astichello, sono senza dubbio tra le sue cose migliori.
Nel dicembre del 1887 si reca a Firenze, per leggere all'Accademia della Crusca la commemorazione di Giuseppe Barbieri. Sarà questa una delle ultime volte in cui si recherà in città.
Morte
Il 14 febbraio 1888, il poeta fu colto da grave malore in casa del suo amico Fedele Lampertico. Si riebbe e ritornò nella sua villetta in campagna, ma lì non ebbe grande miglioramento e la malinconia si faceva ogni giorno maggiore. Chiuso nella sua villetta presso l'Astichello, Zanella accoglieva gli amici, ma dinanzi a loro rimaneva muto e lontano. La fine non tardò a venire. La notte del 17 maggio di quell'anno 1888 egli spirava.
A memoria di Zanella si leggono sulla tomba i seguenti versi:
«Cadrò, ma con le chiavi
d'un avvenire meraviglioso. Il nulla
A più veggenti savi;
Io, nella tomba, troverò la culla.»
Si volle che sorgesse in una delle piazze della città, a memoria del poeta, la sua statua e fu indetto un concorso tra i vari scultori.
In una lettera di Antonio Fogazzaro allo scultore Francesco Schetzer, datata 14 ottobre 1889 da Montegalda, possiamo avere un'idea abbastanza precisa dell'aspetto fisico del poeta: "Lo Zanella fu di statura mediocre, e forse men che mediocre, ma non comparia tale perché la persona era asciutta e sottile. L'andatura ebbe sempre fiacca, e come cascante, pareva l'andatura di un uomo assorto in altri pensieri, il cui spirito, tutto raccolto nella fronte, non curasse di reggere le altre membra. Stando a crocchio, teneva abitualmente le mani in tasca e i gomiti sporgenti all'infuori....Usava una specie di redingote che portava volentieri aperta, calzoni corti da prete, calze, scarpe con fibbia, cappello a cilindro; non portava la sottana e il cappello a tre punte che la mattina per andare a messa. D'inverno portava un paletot assai lungo. In casa usava la veste da camera".
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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