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Giorgio Bocca
(✶1920   †2011)

Giorgio Valentino Bocca (Cuneo, 28 agosto 1920 – Milano, 25 dicembre 2011) è stato uno scrittore e giornalista italiano.

La gioventù

Giorgio Bocca nacque a Cuneo nel 1920 da genitori entrambi insegnanti. Studiò alla facoltà di giurisprudenza a Torino e si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (Guf), nel cui ambito divenne piuttosto noto a livello provinciale anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche, tant'è che ricevette la medaglia d'oro nel 1940 a Roma da Benito Mussolini. In quegli anni, nel campionato 1938-1939, disputa anche una stagione tra le fila del Cuneo Calcio. Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale nel Regio Esercito nel corpo degli Alpini. Nel giugno del 1940 partecipò alla Battaglia delle Alpi Occidentali insieme allo scrittore Mario Rigoni Stern, all'alpinista e maestro di sci Gigi Panei e alla guida alpina Renato Chabod. Il 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale "La Provincia Grande" (foglio di ordini dei Fasci di Combattimento) nel quale imputava il disastro della guerra alla "congiura ebraica" a cui l'"Europa ariana" dovrebbe opporsi. Bocca cita una sua recensione del Protocollo in cui "denuncia dell'imperialismo sionista" apparsa nel "La sentinella delle Alpi", un "giornaletto cuneese del 1939" nel suo libro "Il provinciale".

Sotto le armi strinse amicizia con Benedetto Dalmastro, in contatto con Duccio Galimberti; insieme a queste due figure, fonderà dopo l'armistizio le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Dopo l'8 settembre 1943 Giorgio Bocca aderì infatti alla lotta partigiana, operando nella zona della Val Grana come comandante della Decima Divisione Giustizia e Libertà e, successivamente, in Val Maira in qualità di Commissario politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà. Si è ipotizzato che fosse proprio il Bocca quel 'partigiano Giorgio' che nei primi mesi del 1945, responsabile dei tribunali del popolo (o partigiani), in qualità di giudice nel processo a carico del Tenente Adriano Adami (Pavan) della Divisione Alpina Monterosa ne firmò, a guerra già conclusa (il 2 maggio), la condanna a morte unitamente a quella di altri quattro prigionieri dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana.

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Giornalista e scrittore

Giorgio Bocca iniziò a scrivere fin da adolescente, nella seconda metà degli anni trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrisse anche per la testata cuneese «La Provincia Grande, Sentinella d'Italia». Alla fine della guerra, riprese l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà finché fu chiamato a lavorare per la «Gazzetta del Popolo» di Torino, assunto dal liberale Massimo Caputo, quindi per «L'Europeo». Negli anni sessanta iniziò a lavorare al «Giorno» di Milano a seguito della nomina a direttore di Italo Pietra, qui si affermò definitivamente come inviato speciale, sia all'estero (Guerra dei Sei Giorni), sia con inchieste sulla realtà italiana.

Nel 1971 sottoscrisse la lettera aperta a L'Espresso contro il commissario Luigi Calabresi. Inoltre nel 1975 sostenne che l'esistenza delle Brigate Rosse fosse in realtà una favola raccontata agli italiani dagli inquirenti e dai servizi segreti anche se qualche anno più tardi rivide pubblicamente le sue posizioni. Nel 1976 fu, insieme ad Eugenio Scalfari, tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui da allora collaborò ininterrottamente. Tenne ininterrottamente sul settimanale L'Espresso la rubrica "L'antitaliano" che sospese solo un mese prima di morire a seguito del peggioramento della malattia che lo affliggeva. Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta ebbe anche un'esperienza nel giornalismo televisivo: a partire dal 1983 ideò e condusse una serie di trasmissioni per le reti Fininvest: Prima pagina, Protagonisti, 2000 e dintorni, Il cittadino e il potere e svolse anche il ruolo di opinionista per i programmi Dovere di cronaca e Dentro la notizia. Nel 1989 condusse per Canale 5 un'inchiesta sul terrorismo italiano e internazionale degli anni Settanta e Ottanta dal titolo «Il mondo del terrore».

L'11 aprile 2008 gli fu assegnato il Premio Ilaria Alpi alla carriera, consegnatogli dal presidente della giuria Italo Moretti con una cerimonia privata nella sua casa milanese; i vincitori delle passate edizioni più recenti erano stati Enzo Biagi (2005), Ryszard Kapuscinski (2006) ed Emilio Rossi (2007). Bocca affiancò alla principale carriera di giornalista l'attività di scrittore: il suo interesse si focalizzò principalmente sulla crisi sociale, che - nella sua interpretazione - generava il terrorismo, di cui raccontò la storia e intervistò i protagonisti. Si interessò anche di aspetti relativi al divario geografico dell'economia e del sociale in Italia, affrontando la questione meridionale e l'avvento del fenomeno leghista all'inizio degli anni novanta. Scrisse anche diverse importanti opere storiche, tra cui alcune incentrate sulla sua esperienza partigiana.

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L'orientamento politico

L'orientamento politico nel corso del tempo si è rivelato variegato. Diede la sua adesione ad alcune mozioni della nascente Lega Nord, poi la votò "con voto strumentale, perché aveva mandato via Craxi e la Democrazia Cristiana", poi la contrastò. All'inizio dell'ascesa di Bettino Craxi ai vertici del Partito Socialista Italiano, si ricordano alcuni articoli elogiativi di Bocca, che poi però fu uno dei più acerrimi nemici del modo di fare politica di Craxi e della cosiddetta Milano da bere degli anni Ottanta. Profondamente critico nei confronti della globalizzazione, nelle sue ultime opere dà una lettura assai negativa dell'ascesa politica di Silvio Berlusconi e della politica statunitense di stampo conservatore.

Negli ultimi anni Bocca si è contrapposto ad alcuni tentativi di revisione critica della Resistenza; in particolare, si ricorda una sua polemica con Giampaolo Pansa, che pure era stato suo collega prima a Il Giorno, poi a La Repubblica, ed infine a l'Espresso. Per Bocca si rischiava, con i libri e gli articoli alla Pansa, di aprire ad un revisionismo strisciante e "cerchiobottista" che vuole accomunare la Resistenza ed il fascismo, omettendo di ricordare le correità del fascismo con il nazismo, descrivendo mali e beni di entrambi i fronti per arrivare a un'assoluzione generale. Lancia per questo, dalle pagine del quotidiano la Repubblica, numerosi moniti rivolti alle nuove generazioni perché ricordino i valori fondanti della nostra repubblica. Nel 1983 aveva pubblicato per Garzanti un volume "Mussolini socialfascista" sulla politica economica e sociale del fascismo.

Intervistato da l'Espresso, nel 2007, dichiarò: «Sono certo che morirò avendo fallito il mio programma di vita: non vedrò l'emancipazione civile dell'Italia. Sono passato per alcuni innamoramenti, la Resistenza, Mattei, il miracolo economico, il centro-sinistra. Non è che allora la politica fosse entusiasmante, però c'erano principi riconosciuti: i giudici fanno giustizia, gli imprenditori impresa. Invece mi trovo un paese in condominio con la mafia. È il successo di chi elogia i vizi, i tipi alla Briatore».

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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