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Indro Montanelli
(✶1909   †2001)

Direttore della Voce

Non ritenendo di poter accettare la direzione del Corriere della Sera (che non avrebbe assunto anche gli altri redattori del Giornale) offertagli da Paolo Mieli e Gianni Agnelli, Montanelli decise di fondare una nuova testata, La Voce, il cui nome fu scelto in omaggio a Giuseppe Prezzolini. L'idea iniziale era di farne un settimanale, sul modello del Mondo di Mario Pannunzio: di conseguenza la progettazione della «terza pagina», la sezione culturale, risultò particolarmente curata. A far decidere Montanelli di pubblicare un quotidiano fu il numero di giornalisti alle sue dipendenze: a seguire il loro direttore nel passaggio dal Giornale alla Voce vi furono infatti 55 cronisti su 77. Tra questi, Beppe Severgnini, Marco Travaglio e Peter Gomez. La nuova impresa tuttavia non ebbe vita lunga non riuscendo ad ottenere nel tempo un sufficiente volume di vendite: nonostante un esordio di 500.000 copie, le vendite scesero presto sotto le 100.000 unità. L'ultimo numero fu pubblicato mercoledì 12 aprile 1995. Secondo Montanelli, una causa dell'insuccesso fu l'avere sovrastimato il numero di potenziali acquirenti della rivista, pensata per un pubblico di destra liberale, non soddisfatto della svolta populistica impressa da Berlusconi. Un secondo errore fu la grafica troppo anticonvenzionale della pubblicazione, in particolare il fotomontaggio satirico e caricaturale che caratterizzava la prima pagina: la troppa aggressività delle immagini avrebbe contribuito ad allontanare i possibili acquirenti, abituati a uno stile più misurato. In retrospettiva, tuttavia, l'avveniristica impostazione grafica, ideata dall'art director Vittorio Corona, avrebbe influenzato lo stile giornalistico degli anni successivi.

Gli ultimi anni: il ritorno al Corriere della Sera

Dopo la chiusura della Voce, Montanelli tornò a lavorare per il Corriere della Sera, curando una seguitissima pagina di colloquio coi lettori, la «Stanza di Montanelli». Le lettere e le risposte più significative furono in seguito raccolte nei due libri antologici Le Stanze e Le Nuove stanze.

Nel 1996 sostenne, suscitando polemiche, l'ipotesi dell'illegittimità della condanna dell'ex militare nazista Erich Priebke, uno dei responsabili dell'eccidio delle Fosse Ardeatine (pur avendo due amici tra le vittime), in quanto, secondo Montanelli, Priebke fu costretto a scegliere tra eseguire l'ordine, che veniva dai vertici tedeschi, o morire fucilato anch'egli.

Negli ultimi anni Montanelli prese posizione a favore dell'intervento della NATO in Jugoslavia, definendo Slobodan Milošević «uno dei maggiori responsabili dello sfacelo della Jugoslavia e del suo precipizio nella guerra civile», scrisse di essere contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sostenendo che «la nostra società è basata [...] sulla famiglia, e la famiglia è per definizione formata da un uomo e da una donna», contro la legalizzazione delle droghe leggere perché portano alle droghe pesanti, e quelle pesanti portano allo sfacelo e alla morte e si dichiarò favorevole all'eutanasia. Fu contrario all'istituzione della giornata della Memoria, spiegando che «le feste comandate non raggiungono mai gli effetti che si propongono, anzi provocano il contrario».

In politica interna dichiarò di aver votato per L'Ulivo alle elezioni politiche italiane del 1996 e del 2001, temendo che un successo della Casa delle Libertà con margine di voti troppo largo avrebbe potuto portare Berlusconi a ritenersi «un nuovo uomo della provvidenza», mentre votò per il candiato di centrodestra Gabriele Albertini alle elezioni comunali di Milano del 1997 e del 2001; si astenne per le elezioni europee del 1999 e votò per il centrosinistra alle Regionali del 2000. Scrisse inoltre di voler vedere al Quirinale una donna tra Rita Levi-Montalcini, Emma Bonino, Letizia Moratti e Tullia Zevi (presidente dell'UCEI dal 1983 al 1998).

In politica estera si disse contrario all'allargamento del Patto Atlantico in Europa orientale e a un secondo Piano Marshall a favore dei Balcani, della Russia e del Medio Oriente, mentre nel 2000 scrisse che, pur essendo un simpatizzante repubblicano, se avesse potuto avrebbe votato Al Gore (candidato democratico) alle presidenziali americane, sostenendo che aveva più esperienza sia in politica interna che in politica estera rispetto a George W. Bush, considerato poco più che una comparsa.

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La morte nel 2001

Il 22 luglio 2001, Montanelli si spense a Milano nella clinica La Madonnina (lo stesso luogo dove 29 anni prima era scomparsa un'altra figura storica del Corriere, Dino Buzzati): operato agli inizi del mese per un tumore all'intestino, morì a causa di complicazioni seguite a un'infezione delle vie urinarie. Il giorno seguente il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, pubblicò in prima pagina il necrologio di Montanelli, scritto da lui stesso pochi giorni prima di morire:

«Mercoledì, 18 luglio 2001 – ore 1:40 del mattino. Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza – Indro Montanelli – giornalista – Fucecchio 1909, Milano 2001 – prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell'affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito. Le sue cremate ceneri siano raccolte in un'urna fissata alla base, ma non murata, sopra il loculo di sua madre Maddalena nella modesta cappella di Fucecchio. Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili.»
(Corriere della Sera, 23 luglio 2001.)

Migliaia di persone sfilarono nella camera ardente per rendergli omaggio.

Riconoscimenti ed eredità culturale

Fra i vari riconoscimenti tributati a Montanelli, spicca la nomina a senatore a vita offertagli nel 1991 da Francesco Cossiga, presidente della Repubblica. Il giornalista non accettò però la proposta, a garanzia della sua completa indipendenza. Dichiarò:

«Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza.»
(Citato in Il Messaggero, 10 agosto 2001.)

E ancora:

«Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l'incarico.»
(Dalla sua lettera al Presidente Cossiga.)

Montanelli fu autore e uomo di cultura riconosciuto e premiato anche all'estero: nel 1992 fu il primo italiano ad essere nominato Commendatore di I classe dell'Ordine del Leone di Finlandia (Suomen Leijonan I lk:n komentaja), nel 1994 ricevette l'International Editor of the Year Award della World Press Review, e nel 1996 ebbe il Premio Principessa delle Asturie.

Nel 2000 fu insignito negli Stati Uniti dell'International Press Institute, unico italiano tra 50 personalità scelte tra i più grandi giornalisti del Novecento per aver difeso e salvato la libertà di stampa nella seconda metà del secolo. Interpellato da un lettore sul significato del prestigioso premio «Eroe della libertà di stampa», Montanelli rispose così:

«...posso dirle che nessun riconoscimento poteva lusingarmi più di questo, che mi assegna un posto fra i più grandi giornalisti di questo secolo. Lo considero qualcosa di mezzo fra un Oscar e un Nobel, comunque il coronamento più esaustivo e gratificante di una carriera di oltre settant'anni punteggiata di triboli d'ogni genere , ma rimasta fedele a sè stessa, cioè al giornalismo, al di fuori del quale non ho cercato nè accettato nulla...»

Fra i personaggi di fama mondiale da lui intervistati, oltre ai già citati Henry Ford e Papa Giovanni XXIII, si possono ricordare Winston Churchill e Charles de Gaulle.

Degna di nota è la cena che Indro Montanelli ebbe nel 1986, in Vaticano, con Papa Giovanni Paolo II:

«La sera che cenai col Papa […] cenai praticamente da solo […]. Per la prima volta, nella mia lunga carriera d'inappetente sempre in imbarazzo per ciò che rifiuta, mi sentivo in colpa d'ingordigia. […] Quando ci alzammo da tavola, lui che c'era rimasto seduto quasi due ore a veder noi mangiare, mi accompagnò lungo il corridoio. Ma, passando davanti alla cappella, mi toccò il braccio e con qualche esitazione, come avesse paura di apparirmi indiscreto, mi disse: «So che sua madre era una donna molto pia. Vogliamo dire una piccola preghiera per lei?». C'inginocchiammo l'uno accanto all'altro. Ma quando, nel congedarmi, accennai a un inchino, me lo impedì serrandomi il polso in una morsa di ferro, e mi abbracciò accostando due volte la tempia alle mie. Come faceva mio padre, che baci non ne dava.»
(Indro Montanelli.)

Enzo Biagi ricordava il suo legame con il lettore: «Era il suo vero padrone. E quando vedeva lo strapotere di certi personaggi, si è sempre battuto cercando di rappresentare la voce di quelli che non potevano parlare».

Il Comune di Milano ha intitolato al grande giornalista i Giardini Pubblici di Porta Venezia, divenuti «Giardini Pubblici Indro Montanelli». All'interno del parco è stata posta una statua raffigurante Montanelli intento nella stesura di un articolo con la celebre Lettera 22 sulle ginocchia.

La fondazione Montanelli Bassi ha istituito nel 2001 un premio di scrittura dedicato alla triplice figura di Montanelli, giornalista, storico e narratore, assegnato a cadenza biennale (la prima edizione si tenne nel 2003). Il premio, suddiviso nelle sezioni "Alla carriera" e "Giovani", prende in considerazione gli scritti nel settore del giornalismo, della divulgazione storica e della memorialistica.

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Attività teatrale

Montanelli fu un grande estimatore e frequentatore del teatro e, in particolare, del teatro di varietà. Da giovane, secondo la testimonianza di Gastone Geron, fece anche da comparsa nella compagnia di Nanda Primavera, durante alcune rappresentazioni dell'operetta Il paese dei campanelli. Dal 1937 al 1965 scrisse una decina di commedie che furono messe in scena da vari teatri di Milano, Roma e Torino:
L'idolo (1937)
Lo specchio delle vanità (1942), allestita al Teatro Carignano di Torino
L'illustre concittadino (1949), allestita al Teatro Excelsior di Milano (scritta con Mario Luciani)
Resisté (1955), allestita al teatro Olimpia di Milano
Cesare e Silla (1956), allestita al Teatro delle Maschere di Milano
Viva la dinamite! (1960), allestita al Teatro Sant'Erasmo di Milano
I sogni muoiono all'alba (1960)
Kibbutz (1961)
Il petto e la coscia (1964), allestita al Piccolo Teatro di via Piacenza di Roma
Il vero generale Della Rovere (1965), allestita al Teatro Sant'Erasmo di Milano (scritta con Vincenzo Talarico).
Nel 1959 collaborò con Federico Zardi e Vittorio Gassman alla stesura di testi per la trasmissione televisiva Il Mattatore.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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