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Mario Calderoni
(✶1879 †1914)
Più che Vailati, è Calderoni ad estrinsecare l'«atteggiamento» giuridico del Pragmatismo italiano, nella sua riflessione ius-criminalistica sulle nozioni di volizione, libertà e responsabilità. La discussione in merito alle relazioni tra volizione e diritto è fervente all'interno della cultura italiana dell'Ottocento: secondo Scuola Classica del diritto criminale volizione umana è base del momento d'attribuzione della sanzione, in connessione al “libero arbitrio”; secondo Scuola Positiva del diritto criminale è necessario sconnettere tale nozione dal concetto di “libero arbitrio”, non esistendo azioni incausate (scevre da coazione) e cadendo volizione insieme a “libero arbitrio”. Calderoni affronta il dilemma della volizione (distinzione tra atti volontari e involontari) all'interno del suo cammino di chiarimento e ridiscussione dei termini di discorso ordinario e discorsi tecnici, stimolato da alcune antecedenti intuizioni del maestro Vailati; e analizza tale dilemma in due diversi momenti della vita, nella tesi di laurea I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale, del 1901, e sia nell'articolo leonardiano Credenza e volontà. Intorno alla distinzione fra atti volontari ed involontari, del 1905, sia in un successivo contributo su altra rivista La volontarietà degli atti e la sua importanza sociale, del 1907]. La tesi di laurea di Mario Calderoni introduce un'analisi culturale ricchissima di riferimenti al diritto e immersa nello scenario storico del conflitto ottocentesco tra determinismi ed indeterminismi. Il dibattito tra scuola classica italiana (classici) e Positivisti sulle condizioni teoretiche del diritto criminale evidenzia il tentativo «conciliazionista» calderoniano di mediare tra due diversi modi di intendere libertà, sanzione e metodo scientifico, ricorrendo ad un uso attento della ri-definizione tanto caro a Vailati e all'intera analitica novecentesca. Pescando dalla metodica analitica lo strumento della ri-definizione – mutuato dal maestro Vailati e riassunto con estrema abilità nella recensione al volume I presupposti filosofici della nazione del diritto di Del Vecchio -, Calderoni avvia un tentativo di «conciliazione» tra scuola classica e Positivisti, in cui «[…] la riflessione sul libero arbitrio e il diritto di punire costituisce la premessa per affrontare con un chiaro apparato concettuale l'ulteriore questione dei metodi di studio del diritto penale», attraverso un'esaustiva ridiscussione dei binomi libertà/ causazione (momento di attribuzione del delitto), tutela/ difesa (momento di esecuzione della sanzione) e metodo astratto/ concreto (momento di determinazione del delitto); il nostro autore riconosce:
Due sono i punti teorici fondamentali nei quali la scuola positiva si pone come avversaria alla classica. L'uno è rappresentato dalla questione del libero arbitrio, l'esistenza del quale la scuola “classica” postula come fondamento della imputabilità, mentre è dall'altra scuola negata. L'altro punto è la “giustificazione” del diritto di punire, che l'una pone nella giustizia, l'altra nell'utilità, nella necessità in cui si trova la società di difendersi dai suoi nemici.
Per misurare la nozione di «responsabilità» introdotta nell'orizzonte culturale italiano d'inizio secolo scorso da Mario Calderoni, è necessario muoversi tra due contributi calderoniani scarsamente esaminati dalla dottrina moderna (I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale del 1901 e Forme e criteri di responsabilità del 1908), senza trascurare come tale concetto mai si distacchi dalla distinzione vailatiana tra atti volontari e involontari o dal binomio libertà/ causazione, tanto cari al dibattito ottocentesco tra Positivisti e scuola classica italiana del diritto criminale. Gli accenni vailatiani e calderoniani ai temi della volizione, causazione, libertà confluiscono – alla luce dell'attento ed autonomo esame dell'autore ferrarese- in un'assai moderna definizione del concetto di «responsabilità», in cui
Il “negatore del libero arbitrio” che non sia vittima di equivoci sul valore di tal negazione, sarà portato invece a vedere nella libertà e responsabilità, qualità esistenti nell'uomo, ma analoghe alle altre, atte cioè ad essere studiate nella loro genesi e nella loro evoluzione, suscettibili di gradazioni infinite, e subordinate alla presenza di certe condizioni e concomitanti, a concepire in altri termini la responsabilità piuttosto dinamicamente ed evoluzionisticamente, che staticamente.
Pur se tale concetto sottenda contaminazioni etiche d'inaudita modernità e benché in Forme e criteri di responsabilità sia delineata l'idea dell'esistenza di un confine sottile tra morale e diritto, il nostro autore – nascendo come teorico del diritto- si mantiene saldo nel declinare come il termine «responsabilità» si usi all'interno dell'universo di diritto criminale e diritto civile; nella trattazione calderoniana «responsabilità» si immette – come in Hegel / Weber - nel contesto della vita statale o sociale e si smarca – come nel «marxismo occidentale» moderno e in Lévinas - dai risvolti individualistici dell'etica antica. Calderoni – nell'incipit di Forme e criteri di responsabilità- scrive:
Pochi termini trovano, in ogni campo della vita sociale, così larga applicazione come il termine responsabilità. L'”andar soggetto a responsabilità” è la sorte, spiacevole o piacevole, di chiunque vive nella compagnia dei propri simili e si trovi in una data compagnia di dati suoi simili; e nulla potrebbe meglio servire a distinguere l'uomo vivente in società da un ipotetico uomo “vivente in stato di natura” che l'essere il primo avvolto in una fitta rete di responsabilità. Responsabilità se ne trovano dovunque gli uomini vengano in urto o in conflitto fra di loro […].
La riflessione calderoniana incentrata sulla strada della critica sia nei confronti del nazionalismo corradiniano sia nei confronti del socialismo rivoluzionario si innesta su un contesto storico e culturale - come l'Italia di Giolitti d'inizio novecento - caratterizzato dalla intensa dialettica civile tra nazionalismi e socialismi, e, all'interno di essa, tra visioni moderate (nazionalismo liberale e socialismo riformista) e concezioni estreme (nazionalismo estremo e socialismo rivoluzionario). «Gli interventi di Calderoni pubblicati sulla rivista di Corradini – scrive M. Toraldo di Francia- possono distinguersi dal punto di vista dei contenuti e cronologicamente in due gruppi: del primo fanno parte gli articoli polemici nei confronti del nazionalismo propagandato dalla rivista, nel secondo invece si collocano gli ultimi due scritti, di impronta nettamente antisocialista […]» . La via dell'analisi sul nazionalismo moderato (liberale e liberista) – sondata nelle recensioni vailatiane a Pareto, Dumont, Trivero, Tombesi, Pierson, Einaudi, Rignano e Landry - è battuta da Calderoni in maniera minuziosa alla luce dei due articoli Nazionalismo antiprotezionista? (1904) e Nazionalismo borghese e protezionista (1904), nella direzione d'una estesa accusa al nazionalismo corradiniano; moderati dall'interesse vailatiano verso il socialismo riformista, internazionalista, e non materialista di darwinismo sociale kiddiano e anti-materialismo effertziano, i moniti critici del nostro autore nei confronti del socialismo rivoluzionario si estrinsecano invece con consueta chiarezza nei due contributi La questione degli scioperi ferroviari (1904) e La necessità del capitale (1905). Dalle colonne della rivista corradiniana Il Regno, Calderoni – sulla scia del moderatismo del maestro Vailati - tenta di maturare una concezione intermedia tra estremismi di “destra” e di “sinistra”, idonea a sacrificare valori e ideali della «borghesia» italiana alla tutela del bene comune dell'intera nazione, in nome della necessaria vitalità di un'industria e di un'economia in inarrestabile ascesa internazionale; a detta del nostro autore – contra Prezzolini- si deve sacrificare il bene comune dei ceti sociali abbienti sull'altare del bene nazionale:
Per me personalmente, che mi sento anzitutto italiano e poi borghese, mi auguro che l'Italia sappia sbarazzarsi di tutti gli elementi dannosi ed infecondi che la dissanguano e la opprimono; dovesse anche, in questo processo di eliminazione, andar sacrificata buona parte della borghesia attuale, per essere sostituita (attraverso il meccanismo democratico) da elementi più vitali e più utili che sono veramente gli interessi della Patria.
Bibliografia
M. Calderoni, Scritti, Firenze, La Voce, 1924, voll. I e II
M. Toraldo di Francia, Pragmatismo e disarmonie sociali: il pensiero di Mario Calderoni, Milano, Angeli, 1983
A. Di Giovanni (a cura di), M. Calderoni- Scritti sul Pragmatismo, Roma, Bonanno Editore, 2007
I. Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni, Roma, IF Press, 2009
Fulvio Papi, CALDERONI, Mario, in Dizionario biografico degli italiani, vol.16, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1973.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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