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Paolo Volponi
(✶1924   †1994)

Volponi vide con lucidità gli elementi negativi che aleggiavano in Italia durante la sua maturità: l'onnipotenza delle telecomunicazioni, l'intreccio di trame e poteri occulti, lo strapotere dell'industria nei confronti della terra e della città nei confronti della campagna lo scossero profondamente, ed egli reagì a questi fenomeni auspicando la formazione di un mondo giusto ed abitabile e cercando di resistere al degrado morale e culturale del paese, senza però rinnegare la sua storia né le secolari memorie della nazione.

Le due grandi direttrici della narrativa volponiana, la storia della modernizzazione capitalista e l'utopia del suo impossibile rovesciamento, orientano già i primi tre romanzi editi, e ad esse corrispondono analoghe procedure sul piano della scrittura, in bilico tra realismo e lirismo, tra peso saggistico e levità poetica.senzafonte

In una delle "prose minori" edite in questo librosenzafonte Le difficoltà del romanzo, col suo caratteristico incedere contorto e minuzioso, Volponi ricorda che ciò che scrive "non deve rappresentare la realtà ma deve romperla" e che la lettura dei suoi romanzi non si può fare "stando seduto socialmente, accomodato" ma esige " quella stessa attenzione che [si] adopera nell'innamoramento, (...) quella stessa attenzione con la quale [ci] si accinge a studiare, a scoprire le cose e le persone nuove". In questo modo giustifica la scrittura non pacificata che caratterizza le sue pagine (Volponi non scrive in proprio troppo diversamente da come stendono i loro "memoriali" i suoi personaggi, tipo Anteo Crocioni de "La Macchina mondiale") e il piglio saggistico, riflessivo dei suoi romanzi, il cui scopo non è più "quello di narrare, che vuol dire sistemare, curare, ma quello di contribuire, nelle sue libere forme, al dibattito".

Questa forte motivazione ideologica, per quanto teoreticamente assai libera e spregiudicata, appare, con la sua stessa radicalità, come uno degli elementi che più distanziano l'opera di Volponi dal gusto dei contemporanei. Quei suoi personaggi "isolati, fuori della società e di ogni rappresentazione che di essa si dà (...) per forza poco accomodanti, antipatici ed esaltati" sono mossi da un'istanza critica nei confronti del reale, oggi non più di moda.

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Il vasto dubbio filosofico è oggi ammesso, mentre quello politico, molto più circoscritto, è meno condiviso. La sua lontananza dall'attualità è poi accentuata dalla scrittura, dal montaggio dei suoi romanzi, realizzati (con il loro sperimentalismo, il loro incedere arduo e complicato) in modo da mettere in difficoltà il lettore, da impedirgli quelle semplificazioni, quelle identificazioni e quegli accertamenti che tipicamente scattano di fronte ai classici.

Volponi vedeva in questi atteggiamenti il segno di un uso non critico (da parte degli autori e dei lettori) dell'invenzione letteraria, e negava che classico sia quel romanzo in cui, grazie alla forma, ci si identifica e riconosce in eventi e personaggi, indipendentemente dall'epoca in cui è ambientato e dall'età in cui è stato scritto.

I romanzi di Volponi si collocano invece deliberatamente lontano dal lettore (anche da quello loro contemporaneo) e, se lo avvicinano, lo fanno, eventualmente, solo per la via esplicita dei temi (come nel Pianeta irritabile, il cui argomento sempre attualissimo - l'apocalisse postatomica - lo apparenta al "Mio Dio grazie" di Malamud) e non per la più decisiva via delle strategie compositive, delle tecniche della narrazione, dello stile.

Dal punto di vista della forma i romanzi si situano tra i testi del disordine, della contestazione anche stilistica del mondo, della traduzione in oscillazioni sintattiche della dialettica senza sintesi che governa la realtà. La denuncia della degradazione imposta dalla modernità occidentale all'uomo e alla natura trova nella scrittura di Volponi un corrispettivo stilistico che non illude intorno alle possibilità di controllo razionale della devastazione descritta e si impegna semmai a mimarla e a denunciarla.

Come osserva Emanuele Zinatosenzafonte (curatore Einaudi dell'opera dello scrittore), Volponi si è riconosciuto in Pasolini (e non in Calvino), nella Morante (e non in Umberto Eco) ed è rimasto estraneo agli interessi delle generazioni a lui successive, che si sono ritrovate invece nelle cifre stilistiche degli autori a lui non congeniali, certo politicamente anch'essi schierati, ma stilisticamente ubiqui. Non a caso, la raccolta integrale dei romanzi volponiani si concluderà, rispettando la cronologia di stampa, con quella "Strada per Roma" che, edito nel 1991, era stato però "pensato nel 1955-56 e scritto nel 1962-64": quasi un segno visibile dell'età di cui Volponi è stato interprete e dalla quale non è mai letterariamente uscito.

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Opere


Narrativa

Memoriale, Milano, Garzanti, 1962.
La macchina mondiale, Milano, Garzanti, 1965.
Corporale, Torino, Einaudi, 1974.
Il sipario ducale, Milano, Garzanti, 1975.
Il pianeta irritabile, Torino, Einaudi, 1978.
Il lanciatore di giavellotto, Torino, Einaudi, 1981.
Le mosche del capitale, Torino, Einaudi, 1989. ISBN 88-06-11524-3.
La strada per Roma, Torino, Einaudi, 1991. ISBN 88-06-12279-7.

Saggistica

Scritti dal margine, a cura di Emanuele Zinato, Lecce, Manni, 1994. [16 interventi pubblicati tra il 1977 e il 1983]
Paolo Volponi-Francesco Leonetti, Il leone e la volpe. Dialogo nell'inverno 1994, Collana Gli struzzi, Torino, Einaudi, 1995, ISBN978-88-06-13625-3.

Poesia

Il ramarro, Urbino, Istituto D'arte, 1948.
L'antica moneta, Firenze, Vallecchi, 1955.
Le porte dell'Appennino, Milano, Feltrinelli, 1960.
La nuova pesa, Milano, Il Saggiatore, 1964.
Le mura di Urbino, Urbino, Istituto statale d'arte, 1973.
La vita, Pesaro, La Pergola, 1974.
Foglia mortale, Ancona, Bucciarelli, 1974.
Con testo a fronte. Poesie e poemetti, Torino, Einaudi, 1986.
Nel silenzio campale, Lecce, Manni, 1990.
È per un'impudente vanteria, in AA.VV., Mozione dei poeti comunisti, Lecce, Manni, 1991.

Opere in rivista

Una luce celeste (1965)
I sovrani e la ricchezza (1967)
Accingersi all'impresa (1967)
La barca Olimpia (1968)
Olimpia e la pietra (1968)
Case dell'alta valle del Metauro (1989)

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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