Per cui…
L’argomento che stiamo per affrontare, probabilmente, è stato già trattato. Onestamente non lo ricordiamo. Lo riproponiamo, eventualmente e ci scusiamo per... l’eventuale ripetizione, perché abbiamo avuto modo di constatare (e constatiamo tuttora) che moltissime persone, tra le quali dobbiamo annoverare — nostro malgrado — le grandi firme della carta stampata e no, adoperano in modo orrendamente errato la locuzione per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.
Il cui innanzi tutto — chiariamolo subito — è un pronome relativo indeclinabile ed è riferibile a persona, animale o cosa. Non è corretto usarlo in funzione di soggetto, si impiega esclusivamente come complemento indiretto: ecco il libro di cui ti parlavo; tu sei quello per cui ho molto sofferto. Quando è complemento di termine il cuipuò essere o no preceduto dalla preposizione a, dipende dal gusto di chi scrive o parla: la persona cui mi rivolsi o la persona acui mi rivolsi.
Fatta questa necessaria precisazione, veniamo all’errore di cui parlavamo all’inizio di queste modeste noterelle. Lo strafalcione, dunque, consiste nel dare al cui un significato neutro che molto spesso si dà al pronome che, vale a dire il significato di la qual cosae formare, in tal modo, il costrutto — errato, ripetiamo — per cui nel senso di perciò, per la qual cosa.
Insomma, per essere estremamente chiari — amatori della buona lingua, che ci onorate della vostra fiducia — non è corretto dire o scrivere: pioveva, per cui non sono uscito. Si dirà, correttamente: pioveva, perciò non sono uscito; oppure: pioveva, per la qual cosanon sono uscito.
Pedanteria? Fate l’analisi logica del per cui e... giudicate.
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