La morgue
Un gentile lettrice di Orvieto (che desidera conservare l’anonimato) ci domanda per quale motivo con il termine morguesi intende quel triste luogo a tutti noto: l’obitorio. Giriamo il quesito al mai abbastanza compianto insigne linguista Aldo Gabrielli — a nostro avviso — un padre della lingua.
«Voce francese d’ignota origine, che oggi significa “contegno fiero”, “alterigia”. Un tempo però (secolo XVII) indicava un luogo del carcere dove i prigionieri eran raccolti per essere bene osservati e perquisiti dalle guardie prima di venire chiusi nelle celle; da questo fatto si estese il nome di “morgue” a quel luogo di Parigi dove si esponevano per il riconoscimento i cadaveri di sconosciuti. Con quest’ultimo significato la voce è molto usata anche da noi, invece di “sala mortuaria” o, meglio di “obitorio”, neologismo felicemente costruito (1936) sul latino “obitus”, ‘morte’ (...). È inutile, quindi, il brutto adattamento “morga”. Alcuni nostri malparlanti usano “morgue” nel significato di “alterigia”, “sussiego”, “superbia”, “presunzione”, “aria”, “boria”, “spocchia” e simili: “la ‘morgue’ dei potenti”; dirai “la ‘superbia’ dei potenti”».
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