Malati di... tifo
I recenti giochi olimpici di Rio de Janeiro hanno coinvolto tutti gli italiani in una febbre spasmodica per gli atleti azzurri; tutti tifavano per i nostri connazionali impegnati nelle varie gare. Vogliamo vedere, dunque, che cosa significa esattamente tifare e come è nato questo verbo? Chiediamo aiuto al DELI.
«Il greco τύφος, typhos, di origine indeuropea, indicava, propriamente, un fumo, un vapore ma anche, metaforicamente, un offuscamento dei sensi ed era riferito a febbri che portavano il malato a uno stato di stupidità.
Il trapasso a passione sportiva pare debba passare per l'intermedia espressione militare 'fare lo svenevole'. Mette conto di segnalare anche l'ipotesi di un accostamento allo spagnolo tifus che nel gergo teatrale indica lo 'spettatore con biglietto gratuito' e portato, quindi, ad applaudire con slancio.
Tifo, accolto in epoca non troppo lontana nella lingua sportiva, come generica indicazione di 'malattia contagiosa' ha subíto lentamente una trasformazione, scivolando nella nuova accezione di 'passione sportiva' (..); alla base di tifo e tifoso è probabilmente una metafora nata dal confronto dell'alzarsi periodico delle febbri tifoidi con la febbre sportiva che ogni settimana esplode negli stadi.
Da tifo (o viceversa?) è nato il verbo tifare, cioè fare il tifo per un atleta o per una squadra e, per estensione, essere fautore, sostenitore di qualcuno.
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