Avere il baco
C'è un solo lettore di queste modeste noterelle che possa dire — onestamente — di non essere mai stato posseduto, naturalmente in senso figurato, da un baco? Se, per caso, ce ne fosse uno, mentirebbe spudoratamente: tutti nella vita, prima o poi, abbiamo avuto che fare con questo animaletto. Perché?
Perché tutti ci siamo innamorati. Questo è, infatti, il significato della locuzione che avete appena letto. Dice il principe dei modi di dire, Ludovico Passarini, che «baco è lo stesso che verme, e il verme è un tremendo roditore sordo, che, lentamente sì, ma senza posa consuma le viscere del corpo in cui è nato e tiensi nascosto.
Orrendi sono i danni prodotti dal verme, e il più spesso irreparabili, perché non avvertiti a tempo. La peggiore malattia che incoglie i bambini è quella detta appunto dei bachi o dei vermi; le povere mamme lo sanno. I vermi morali poi sono i più fieri; e che voglia che dirsi e che fare; il verme del rimorso strazia irreparabilmente.
Se stesse bene prendere in burla tal pensiero, si potrebbe il rimorso chiamare il verme solitario dell'anima. Dal verme, dunque, che adagino adagino lavora dentro, guasta il sangue, scolorisce i be' visini e infonde malinconia e tristezza, che non la sa chi non la prova, dico essere provenuta la metafora avere il baco (...)
Avere il baco di che sia vale, quindi, figuratamente, essere innamorato, siccome spiegano i vocabolari. Significa ancora, pretenderla in qualche cosa, avere passione. Il Bellini nella Cicalata posta innanzi alla sua Bucchereide a c. 6 dice di più che questo vostro parente non ha altro da tacciarsi, che un piccolo difettuzzo , e questo è un po' di baco di Poeta, e che però stasera cicalerà verseggiando (...)».
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