Dettagli... e non solo
Dalla dott.ssa Ines Desideri riceviamo e volentieri pubblichiamo.
A mio avviso le locuzioni anche se e se anche non possono essere adoperate indifferentemente. Nella frase «Se anche tu volessi sparire sei già stato avvistato» mi sembra inevitabile che anche tu sia inteso come tu compreso, se anche tu (come altri/insieme ad altri) volessi sparire. Poiché il significato non è quest'ultimo, ritengo che sarebbe stata da preferire la forma Anche se tu volessi sparire.
Possiamo esprimere la stessa considerazione per la frase «e se anche spogliarsi non fosse necessario non ci va più di mescolarci e di stringere quel vincolo»: anche spogliarsi, in aggiunta a quale altra azione (già compiuta)? — verrebbe da chiedersi. Meglio, dunque, «Anche se spogliarsi non fosse necessario», «quelli stessi che li sottomettevano»: grave errore, come sappiamo, poiché il pronome dimostrativo che precede stessi deve essere sempre quegli, non quelli.
Eppure siamo in presenza di un errore piuttosto frequente, giacché mi è capitato di incontrarlo più volte, recentemente, e sempre in scritti di carattere letterario. Cito soltanto un altro esempio, tratto da Alla ricerca del tempo perduto (M. Proust — traduzione di G. Marchi): «quelli stessi che sbadigliano». «che vede sempre come uno strumento irritante al quale esigere sempre maggior sforzi»: probabilmente si tratta di un refuso — alla stregua di vedetta anziché vendetta e di «carattere che non ogni tanto non contraddica se stesso», nello stesso libro — ma la preposizione articolata doveva essere dal (quale esigere). «doveva avere una vita così vuota ed era così entusiasta che il maestro gli permetteva di riempirla»: d'obbligo, a mio avviso, l'uso del congiuntivo imperfetto permettesse.
«Avevo la scusante della gioventù, mi dissi.»: qui troviamo un errore molto più frequente di quanto si pensi, nei testi letterari. In frasi di questo genere — nelle quali si esprime un pensiero del passato e solitamente accompagnate da espressioni quali mi dissi, pensai, immaginai — gli autori (o i traduttori) ritengono opportuno l'uso del tempo passato (l'imperfetto avevo, in questo caso), senza considerare che il pensiero, nel momento in cui si presenta, viene formulato nel presente: «Ho la scusante della gioventù, mi dissi.» De gustibus Personalmente preferisco che si adoperi il vocabolo gioventù per intendere i giovani e giovinezza per intendere un'età della vita.
Tornando, dunque, all'ultima frase citata, a mio avviso la forma migliore sarebbe stata «Ho la scusante della giovinezza, mi dissi.»; «se fosse visibile o se si trovasse in indumenti intimi»: una persona in indumenti intimi è visibile. La frase risulta, dunque, banale: meglio presentabile, decoroso, decente, o aggettivi simili.
«La targa non indicava alcuna specialità» «lo si consultava anche per disturbi che non avevano nulla a che vedere con la sua specialità»: qui ci troviamo davanti a un esempio simile a gioventù-giovinezza. Sebbene il vocabolo specialità possa essere adoperato anche in campo medico, perché non preferire specializzazione, che a me — in questo caso — pare più appropriato?
Sorvolo, caro dottor Raso, sull'espressione — da lei aborrita — «nulla a che vedere». «come potrebbe inferirsi da questo ritratto» : non sarebbe meglio «come si potrebbe inferire (dedurre) da questo ritratto»? «goderselo nel qui e ora»: forse l'autore (o la traduttrice) ha voluto ricorrere a un artificio stilistico, ma a me nel qui non piace. Trovo, infatti, più efficace — anche sotto l'aspetto puramente stilistico — «goderselo qui e ora».
E ora, caro dottor Raso, a mo' di ringraziamento per la sua gentile ospitalità, riporto una frase che certamente lei apprezzerà molto: «impegnata nell'esercizio che a quei tempi si chiamava, in Spagna, jogging o footing», non saprei, un paese così negato per le lingue in generale quanto propenso ad appropriarsi di termini altrui che non capisce e neppure sa pronunciare.. Ehm paese lo avrei scritto con l'iniziale maiuscola, poiché la Spagna è una nazione. (Spunti e citazione sono tratti da Così ha inizio il male di Javier Marìas, traduzione di M. Nicola)
Ines Desideri
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