Denigrare e insultare
Conosciamo tutti, per pratica, il significato del verbo denigrare: «diffamare, screditare, togliere ad altri il buon nome con volontaria malizia». Bene, soffermiamoci un attimo su quest’ultima accezione per scoprire il significato recondito del verbo. Quando denigriamo una persona, dunque, le togliamo il buon nome. Ma come? Tingendolo di nero.
Denigrare, infatti, vale proprio tingere di nero provenendo pari pari dal latino denigrare, composto con la particella intensiva de e niger, nigri, nero. Usato estensivamente nel senso di annerire il buon nome il verbo in esame ha acquisito, in lingua volgare (l’italiano), il significato figurato di diffamare, tingendo di nero, appunto, il nome di una persona.
Quando, invece, insultiamo qualcuno, vale a dire l’oltraggiamo, l’ingiuriamo, figuratamente gli saltiamo sopra. Anche questo verbo, adoperato in senso figurato, è pari pari il latino insultare, forma intensiva di insilire, saltar su, composto della particella in (su, sopra) e salire (saltare).
Non diciamo, infatti, sempre in senso figurato, che quella persona mi è saltata addosso? Vale a dire, mi ha offeso, ingiuriato. E a proposito di ingiuria, cioè di offesa che lede materialmente o moralmente, quando la mettiamo in atto non facciamo altro che una cosa ingiusta ledendo il diritto di una persona.
Questo vocabolo, infatti, è un derivato del latino iniurus (ingiusto), formato con il prefisso in- negativo (che toglie) e ius, iuris (diritto). L’ingiuria, dunque, è tutto ciò che è fatto in onta al diritto di alcuno, quindi danno, affronto, oltraggio. L’ingiuria, insomma, è ogni fatto detto o scritto dolosamente allo scopo di togliere il buon nome a una persona ed è affine (si badi bene: non uguale) alla denigrazione.
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