Accelerato, ma non tanto...
In una delle nostre chiacchierate con voi, gentili lettori, abbiamo scritto — se la memoria non c’inganna — che il nostro bellissimo idioma è ricco di vocaboli la cui etimologia non rispecchia più l’accezione odierna: molte parole, infatti, con il trascorrere del tempo hanno acquisito un significato completamente diverso, anzi opposto a quello originario. Vogliamo toccare con mano?
Prendiamo, per esempio, il treno accelerato chiamato, oggi, locale. Questo tipo di treno quando venne introdotto rispecchiava fedelmente il nome: dal latino accelerare, composto di ad più celer (veloce). Questo convoglio, infatti, doveva essere più veloce, più accelerato del treno già in servizio: il famoso omnibus che, come dice la stessa parola, dovendo servire per tutti (omnibus) fermava dappertutto, in tutte le stazioni. Poiché il nuovo convoglio saltava qualche fermata, la sua velocità risultava accelerata rispetto ai precedenti treni.
In seguito le tecniche ferroviarie si perfezionarono, aumentarono le esigenze dei trasporti, nuovi tipi di convogli ferroviari entrarono in servizio. Si presentò, quindi, la necessità di altre denominazioni come diretto, direttissimo, rapido, espresso e l’accezione di accelerato si modificò fino a diventare quasi assurda perché la denominazione indicava un concetto opposto a quello della sua etimologia.
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