Ah, quel furfante!...
È un vero peccato — a nostro modesto avviso — che i programmi scolastici non prevedono lo studio dell’etimologia, ossia lo studio di quella branca della linguistica che si occupa dell’origine delle parole (e nessun insegnante, per quanto ne sappiamo, si perita di farlo autonomamente). Se c’è una scienza “pura”, perché di scienza si tratta, è proprio l’etimologia.
«Etimologia: basta questa sola parola — fa notare l’insigne linguista Aldo Gabrielli — per creare in quelli che non sono, come suol dirsi, addetti ai lavori, un istintivo senso di ripulsa. Cose difficili, astruse, da specialisti. Si tratta, invece, di un errore madornale, di un falso preconcetto. Se c’è una scienza agevole, piena di sorprese allettanti, densa di stupefacenti scoperte, e di conseguenza attraente e divertente, questa è proprio l’etimologia, vale a dire la scienza che studia la storia delle parole».
Invitiamo, quindi, gli insegnanti di buona volontà a prendere in seria considerazione la nostra proposta di includere autonomamente nell’insegnamento della lingua italiana anche questa parte della linguistica (l’etimologia, appunto) che da molti è ritenuta, ingiustamente, la cenerentola della grammatica. Costoro non sanno, invece, che la conoscenza approfondita delle parole ci evita, molto spesso, di fare delle figure caprine nei confronti di chi ne sa più di noi. Per di più scopriamo delle cose veramente “sorprendenti”. Vediamo.
Se apriamo un qualsivoglia vocabolario della lingua italiana alla voce o lemma ladro, leggiamo: chi ruba o compie furti. Bene. Analizzando però la parola, ricercandone l’etimologia, vale a dire l’origine, scopriamo una cosa a dir poco… sorprendente: il vocabolo su menzionato, quando è nato, non aveva affatto l’accezione attuale.
Analizzare una parola significa ripercorrere la strada che il vocabolo ha fatto, fin dal suo nascere, per giungere a noi. Ripercorriamola, dunque. Ladro viene, manco a dirlo, dal latino latro, latronis”, derivato, a sua volta, sempre dal latino latus, lateris che significa fianco, lato e in origine indicava una persona che camminava a lato, a fianco di un personaggio di un certo rango al fine di proteggerlo da eventuali aggressioni di malintenzionati; oggi diremmo che il ladro era la guardia del corpo di personaggi in vista. Il contrario, quindi, dell’attuale accezione.
Con il trascorrere dei secoli — come si sa — molte parole hanno mutato il loro significato originario e il latino latro, infatti, si è trasformato in ladro acquisendo l’accezione odierna di… ladro. Il ladro ci ha richiamato alla mente un’altra parola di significato affine: furfante. Vediamo, anche in questo caso, la sua accezione dal punto di vista etimologico.
Al contrario del termine precedente (ladro) questo vocabolo non ci è stato consegnato dal latino, come buona parte delle parole della nostra bella lingua, bensì dal francese (ma il francese non discende dal latino?). Furfante, dunque, viene dall’antico francese forfaire (agire fuori della legge): faire (agire) e fors (fuori).
Lo stesso termine francese forfait (non sempre adoperato a dovere, perché quando significa rinuncia è preferibile il termine inglese forfeit: il cantante ha dato forfeit, ha, cioè, rinunciato) sta a indicare, letteralmente, un accordo fatto fuori dell’ordinario, della legge: acquisto a forfait, contratto a forfait, lavoro a forfait.
Il furfante, quindi, è la persona che agendo fuori della legge compie azioni malvagie e disoneste. In senso scherzoso, però, è anche colui che cerca di fare i propri interessi con una certa furbizia. E a proposito di furfante, cioè di un bandito, di un fuorilegge, si sconsiglia tassativamente — se si vuole scrivere in buona lingua italiana — la grafia unita quando il suddetto termine non si riferisce a una persona che agisce fuori della legge.
Si dirà correttamente, quindi, che la polizia ha arrestato i due fuorilegge perché gestivano un locale dichiarato da tempo fuori legge. Insomma, quando si intende indicare la contravvenzione a una norma i due termini si staccano: un comportamento fuori legge
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