L’uso corretto del verbo andare
Il verbo andare nella sua accezione primaria vuol dire — genericamente — spostarsi, muoversi da un luogo a un altro: vado a Parigi (cioè: mi sposto dal luogo abituale per andare in un altro). Può anche, di volta in volta, significare dirigersi, recarsi e così via.
Alla luce di quanto sopra scritto è bene, dunque, che coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere non abusino di questo verbo plurivalente ma adoperino — secondo i casi — un verbo più appropriato, tranne, ovviamente, in alcune locuzioni particolari, proprie del nostro idioma, in cui andare la fa da padrone per dare una maggiore efficacia espressiva al discorso. Vediamole assieme.
Andare a fondo, cioè esaminare attentamente una questione; andare a zonzo, gironzolare qua e là, senza una meta; andare per le lunghe, indugiare troppo, procedere con molta lentezza; andare a genio, piacere, soddisfare; andare per la maggiore, essere fra i primi, essere di moda; andare in fumo, non concludere nulla; andare a ruba, essere venduto in pochissimo tempo; andare a rotoli, essere rovinato; andare a nozze, sposarsi, ma anche piacere; andare con uno, frequentarlo assiduamente; andare a Canossa, pentirsi; andare col vento in poppa, procedere favorevolmente, non incontrare ostacoli di sorta; andare a vuoto, riuscire vano; andare per terra, cadere; andare in persona (desueto), recarsi personalmente; andare d’amore e d’accordo, essere in perfetta armonia con qualcuno.
Potremmo continuare, ma non vogliamo abusare della vostra pazienza. Non possiamo, però, chiudere queste noterelle senza ricordare che il verbo andare è bene adoperato per indicare un particolare modo di abbigliarsi, di atteggiarsi: andare pulito, vestito bene; andare in maniche di camicia.
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