Fare le scalee di S. Ambrogio
Chi, anche se involontariamente, non hai mai messo in pratica questo modo di dire desueto ma… attuale: «Fare le scalee di S. Ambrogio», vale a dire parlare male degli assenti?
Benedetto Varchi così spiega l’origine dell’espressione. «Ragunavansi, non sono mille anni passati, la sera di state per pigliare il fresco, una compagnia di giovani, non a’ marmi in su le scalee di Santa Maria del Fiore, ma in su quelle della chiesa di Santo Ambrogio, non lunge alla porta della Croce, e quivi passando il tempo e il caldo, facevano lor cicalecci; ma quando alcuno di loro si partiva, cominciavano a leggere in sul suo libro, e rinvenire se mai avea detto, o fatto cosa alcuna biasimevole, e che non ne vendesse ogni bottega, e in somma a fare una ricerca sopra la sua vita; onde ciascuno, perché non avessero a caratarlo voleva esser l’ultimo a partirsi: e di qui nacque che quando uno si parte da alcuna compagnia, e non vorrebbe restar loro in bocca e fra’ denti, usa dire: “Non fare le scalee di Santo Ambrogio”».
Di significato affine l’espressione Aver mangiato noci. Ecco, dunque, un altro modo di dire della nostra lingua poco conosciuto ma molto adoperato da tutti coloro che nel corso della loro vita – loro malgrado – hanno avuto a che fare con i mangiatori di noci che, in senso figurato, si dice di persone che sono sempre mal disposte e di animo cattivo nei confronti di tutti quelli che, al contrario, cercano di assecondarle in tutto e per tutto. Mangia noci, insomma, colui che parla sempre male di tutti. La locuzione è chiaramente una metafora, vale a dire un modo figurato: le noci – è noto a tutti – fanno l’alito cattivo e di conseguenza anche le… parole che escono dalla bocca di coloro che le hanno mangiate. Il modo di dire, quindi, fuor di metafora o di sarcasmo, significa possedere un animo cattivo e sparlare di qualcuno. Un bellissimo esempio di quest’espressione – ripetiamo, poco conosciuta – si può leggere nel Cecchi: «Be’ Crezia / Tu ti sei risentita in mala tempra; / Oh sì, iersera tu mangiasti noci / Che t’ànno fatto sì cattiva lingua».
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