Il troncamento
Due parole due sul troncamento perché abbiamo notato che non tutti lo usano correttamente, vale a dire non seguono le norme che lo regolano.
Il troncamento, dunque, è la caduta di una vocale non accentata o dell’intera sillaba di una parola davanti a un’altra che cominci sia con una vocale sia con una consonante: un(o) amico sincero; un buon(o) cuore. Attenzione, però, e qui è il punto: la consonante iniziale della parola non deve essere una s impura, x, z o formata con i digrammi gn, pn, ps. Non possiamo scrivere (o dire), per esempio, un zaino; nessun straniero; un psicologo ecc.
Per poter fare il troncamento è inoltre necessario che la parola da accorciare non sia monosillabica e non sia — come già visto — accentata sull’ultima sillaba e che davanti alla vocale finale che si vuole eliminare sia presente una delle seguenti consonanti: l, m, n, r.
Cosa importantissima: la parola troncata non si apostrofa e non si accenta mai, a parte qualche eccezione tra cui: piè (piede); mo’ (modo); po’ (poco).
Un’ultima annotazione. Scrivendo, cadiamo molto spesso nell'errore di confondere il troncamento con l’elisione (apostrofo) e di mettere per tanto un apostrofo di troppo. Non è raro, infatti, incontrare un qual'è in luogo della forma corretta qual è (senza apostrofo) anche presso buoni giornalisti e scrittori.
Una regola empirica ci viene in aiuto: se la parola che intendiamo elidere o troncare può star bene, senza la vocale finale, anche davanti a parola che comincia per consonante vuol dire che si può troncare.
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