Buonanotte al secchio
Un lettore ha interpellato il foro di lingua del Corriere della Sera in rete per conoscere l’origine del modo di dire Buonanotte al secchio. Riportiamo quanto scrive la gentile lettrice Ivana Palomba.
L'origine del modo di dire buonanotte al secchio che viene riportata su Yahoo non mi convince assolutamente. La locuzione, commento conclusivo con cui si taglia considerazioni inutili, è un'espressione idiomatica di origine romanesca che rimanda a diverse storie fra cui, quella forse più convincente, di un secchio caduto nel pozzo a causa della rottura della catena.
Migliorini nel suo Parole nuove fa derivare l'espressione dal distico finale di una sestina del poemetto del 1886 'N'infornata ar Teatro Nazionale di Giggi Zanazzo:
«— Ma dunque, o giusto ciel, dunque tu puro /contro di me congiuri?! E che t'ho fatto?!.../
Fuggiamo; s'ode il rullo del tamburo / e salvar non ci può che un fuggir ratto... / — Si; ma pria di lasciare i lari miei,/muoia Sanson con tutti i Filistei./La regina dà 'n pugno in d'uno specchio, / cala er telone e bona notte ar secchio».
Ma Giggi Zanazzo (1860-1911), che se pur di origini venete fu un autentico figlio di Roma, dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione e bibliotecario presso la Biblioteca Nazionale, poeta romanesco e una delle fonti più dettagliate del vecchio folklore romano, confermava nel suo: Proverbi romaneschi, modi proverbiali e modi di dire che detta locuzione era già ben nota ai suoi tempi.
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