Marcare visita
Il treno, fermo alla stazione del paesino, stava per partire; il capostazione aveva già dato il fischio quando, trafelato, giunse il padre di Armandino: «Tieni — disse al figliolo — ti ho portato parecchie marche, ti saranno utili non appena giungerai in caserma; potrai subito marcar visita e ottenere, probabilmente, un periodo di riposo assoluto così la mamma sarà più tranquilla; temporaneamente...». Non sapeva, il padre — che non aveva servito la Patria — che le marche non hanno nulla che vedere con l’espressione marcare visita che — nel gergo militare — significa darsi malato; anche se, per la verità, una certa parentela con la marca — nell’accezione che tutti conosciamo — si può provare. Per farlo occorre prendere il discorso alla lontana.
La marca, cioè il bollo che si applica sui documenti per comprovare il relativo pagamento di una tassa, viene dal tedesco Marka che significa segno. Il verbo marcare, cioè contrassegnare con marca, bollare, annotare, segnare viene, infatti, dalla voce teutonica Marka.
Tornando alla locuzione marcar visita, sembra che derivi dall’espressione piemontese marché a liber (scrivere sul libro). Coloro che hanno svolto il servizio militare sanno che ogni mattino il caporale di giornata passa per le camerate con il registro sul quale annota (marca, segna) i nomi dei militari che sono malati e chiedono, quindi, la visita medica.
Marcare visita, perciò, pur venendo da un’espressione dialettale piemontese può — come dicevamo all’inizio — avere una certa parentela col germanico Marka.
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