Bocca di miele e cuore di fiele
Probabilmente molti amici lettori si imbatteranno per la prima volta nell'espressione citata perché — sembra — poco conosciuta e quindi poco... adoperata.
Il modo di dire, dunque, la cui spiegazione ci sembra intuitiva, si riferisce a una persona che ostenta simpatia e amicizia verso un'altra persona, in realtà detestata, cui sarebbe ben felice, invece, di poter nuocere e, con il tempo, annientare.
Gentili amici, quante bocche di miele e cuori di fiele avete incontrato nel corso della vostra vita, soprattutto nell'ambiente di lavoro? Vi occorre una calcolatrice?
Andare e venire alla francese
Facciamo nostre alcune considerazioni dell'insigne linguista Aldo Gabrielli sull'uso alla francese dei verbi andare e venire, uso che, naturalmente, in buona lingua italiana è da evitare. Vediamo, dunque.
«Nei baracconi delle fiere i verbosi imbonitori hanno l'incarico di avvertire il gentile pubblico e l'inclita guarnigione di provvedersi subito del biglietto d'ingresso perché lo spettacolo va a incominciare. E agli imbonitori tutto si perdona. Il guaio è che questo andare a incominciare l'ho sentito in bocca di chi imbonitore non è.
L'uso del verbo andare in questo particolare significato (...) non è italiano ma schiettamente francese. I Francesi usano infatti aller nel significato di essere sul punto di, e quindi dicono aller commencer, aller faire, aller dire, essere sul punto di incominciare, di fare, di dire.
Noi però diciamo le stesse cose in modi diversi: stare per incominciare, o anche soltanto incominciare; e analogamente, stare per dire, stare per fare una cosa, accingersi a dire, a fare, cominciare a fare, a dire.
Ogni lingua ha le sue leggi e bisogna rispettarle. Ma c'è di più. Poiché ad andare corrisponde anche il verbo contrario, venire, così giustamente i Francesi dicono venir de, seguito da un infinito, per dire che l'azione espressa all'infinto è appena terminata: venir de faire, venir de dire, avere appena fatto, avere appena detto.
Ma quante volte abbiamo sentito frasi come queste: Vengo ora dal dirti, Venivamo dal fare una passeggiata? Maniera davvero strana di parlare. L'italiano dice Ti ho appena detto, Ho appena finito di dirti, Avevamo appena fatto una passeggiata, Eravamo appena tornati da una passeggiata».
Suggeriamo, per tanto, agli amici che amano il bel parlare e il bello scrivere di seguire i consigli dell'illustre linguista scomparso.
Decisamente e succedere
Due parole, due, sugli usi non appropriati di un avverbio e di un verbo: decisamente e succedere.
Cominciamo con l'avverbio. Logica vorrebbe che l'avverbio suddetto si adoperasse esclusivamente nel significato di con decisione. Alcuni, ritenendolo erroneamente sinonimo di certamente, lo impiegano, per l'appunto, in modo inappropriato: quel libro è decisamente interessante; quella fanciulla è decisamente bella.
E veniamo al verbo "succedere", che ha due significati principali: subentrare, sostituire, prendere il posto di un altro (morto il padre, il figlio successe alla direzione dell'azienda) e accadere, avvenire (durante i mesi estivi succedono, purtroppo, molti incidenti strdali) e due forme per il passato remoto e il participio passato: successe e succedette; successo e succeduto.
A nostro modo di vedere le due, o meglio, le quattro forme è preferibile non adoperarle indifferentemente. Useremo succedette e succeduto nel significato di prendere il posto di un altro in un incarico o una carica (Giovanni Paolo I succedette a Paolo VI) ; successe e successo nell'accezione di accadere e simili (non ricordo più cosa successe negli anni della mia adolescenza).
Pedanteria? Giudicate voi, amici amanti del bel parlare e del bello scrivere.

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