Deragliare: quale ausiliare?

Una recente tragedia ferroviaria ha riportato alla ribalta, purtroppo, il verbo deragliare. Tutti i mezzi di informazione hanno detto e scritto che «il treno è deragliato» e l'incidente è avvenuto nei pressi di Parigi.

Il verbo 'deragliare', vale la pena ricordalo, si coniuga con l'ausiliare avere: il treno ha deragliato. Tutti i verbi intransitivi che indicano un moto fine a sé stesso — ed è il caso di deragliare — prendono l'ausiliare avere: ha corso per cinque ore; il treno ha deragliato.

A questo punto, però, occorre fare un distinguo. I predetti verbi prendono l'ausiliare avere se assoluti: ha corso; ha deragliato; prendono essere quando si mette in evidenza il risultato dell'azione espressa: sono corso subito in ospedale non appena appresa la notizia; oppure quando si specifica il risultato o il luogo dell'azione: il treno è deragliato nei pressi del passaggio a livello.

08-05-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Vivere di lucertole

Probabilmente il modo di dire è sconosciuto ai più perché di uso non comune. L'espressione si adopera nei confronti di una persona molto magra. Perché? Perché secondo la credenza popolare questi animaletti fanno dimagrire.

La persona molto longilinea, quindi, dà l'impressione che si nutra esclusivamente di lucertole, in senso figurato, naturalmente.

Questa locuzione di origine popolare e contadina sembra sia nata dall'osservazione degli animali, dei gatti in particolare. Questi felini randagi di campagna si nutrono di piccole prede, tra cui, appunto, le lucertole.

Questo tipo di carne, comunque, non è assimilabile in quanto conterrebbe una sostanza molto tossica che induce al vomito o, per lo meno, compromette la digestione.

07-05-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Il mondo e la cosmèsi

Crediamo di far cosa gradita agli amanti della scienza etimologica, e in particolare alle amiche Lettrici, se ci occupiamo della nascita della cosmesi, vale a dire dell'Arte di far risaltare o rendere bello il volto (e le membra umane) correggendone i difetti.
Le sorprese che può offrire l'etimologia, cioè la scienza che studia l'origine (e la forma originaria) di una parola, sono infinite. Chi potrebbe pensare, infatti, che il cosmo, cioè il mondo, l'universo e quel vasetto pieno di intrugli per abbellire la pelle — rendendo felici milioni di donne — sono cugini di primo grado? Vediamo come, dando la 'parola' all'insigne glottologo Aldo Gabrielli, che sarà molto più chiaro di noi nella dotta esposizione.
«La parte iniziale dei due vocaboli (cosmo e cosmetico o cosmesi, ndr) potrà forse farlo sospettare; ma ogni altro pur frettoloso ragionamento lo farebbe scartare senz'altro. L'antico comune genitore è la parola greca kòsmos (κόσμος, NdR), che ha come suo primo significato quello di ordine; di qui, l'ordine per eccellenza, quello delle cose create da Dio, rappresentato appunto dall'universo o, alla greca, dal cosmo.
Naturalmente l'ordine poteva poi riferirsi ad altre moltissime cose; ed ecco che i Greci chiamarono kòsmoi (κόσμοι, NdR), in italiano
cosmi, certi integerrimi magistrati, specialmente delle città cretesi, che avevano la funzione precisa di mettere ordine nella pubblica amministrazione. Né poteva essere dimenticato l'ordine domestico, e l'ordine della stessa persona fisica.
Nell'antica Grecia si chiamava cosmeta (κοσμητής, NdR) lo schiavo addetto alla cura della guardaroba, e si sa che un guardarobiere se non è ordinato è fallito in partenza. La cosmeta femmina era poi, sempre in Grecia, quella che oggi si direbbe
cameriera di camera, cioè la donna addetta specialmente alle cure igieniche della signora, dal bagno agli unguenti, ai massaggi e simili: tutte cose che nell'antica Grecia occupavano giornate.
C'era anche il cosmete, che si occupava di un ordine diverso, quello della mente e dell'animo degli efebi, vale a dire degli adolescenti: una specie di aio*, di precettore. Ma restando all'ordine più strettamente personale, a quello cioè del proprio corpo, vediamo che dal primitivo 'kòsmos nacque il verbo kosmèo, (κοσμέω, NdR)
ordinare, mettere ordine, e poi estensivamente adornare, abbellire; e di qui ecco la parola kòsmesis (κόσμησις, NdR), in italiano cosmèsi, che è propriamente l'azione di ordinare, ornare, abbellire, in una parola sola, abbellimento, ornamento; ed ecco ancora la kosmetikè tèchne (κομητική τέχνη, NdR), cioè l'arte cosmetica, l'arte di abbellire, poi sostantivata in cosmètica.
Che cosa è dunque propriamente questa cosmetica? L'arte di mettere ordine al disordine, alle imperfezioni del corpo umano nel campo dell'estetica e dell'igiene. E che cosa sono i cosmetici? Sono quei preparati che hanno lo scopo di riordinare, di correggere, di abbellire eccetera eccetera
».

* Si veda Etimo.it - aio.

06-05-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink