La ragnofobia
«Gentilissimo dott. Raso,
anche se in ritardo la ringrazio per la sua risposta al mio quesito riguardante la paura delle iniezioni ('tripanofobia' o, come ha fatto rilevare la cortese blogghista Ines Desideri, 'belonefobia'). Ora ho un altro quesito da sottoporle. C'è un termine per indicare la paura o l'avversione verso gli insetti, in particolare i ragni?
Grazie in anticipo e un cordiale saluto
Corrado S.
Carbonia»
Sì, cortese amico, ci sono due termini, entrambi derivati dal greco: entomofobia e aracnofobia.
Google.it - entomofobia
Google.it - aracnofobia
Comma e capoverso
Numerose persone, anche quelle, addette ai lavori, fanno una confusione notevole tra il capoverso e il comma, con la complicità di gran parte dei vocabolari, che non brillano, certo, per chiarezza.
Molto spesso la confusione nasce dal fatto che — nell'uso comune — l'inizio di un capitolo, di un articolo di giornale, viene chiamato sia comma sia capoverso. Non è così, e i dizionari, come dicevamo, non aiutano a capire. Ecco, infatti, cosa scrivono due vocabolari 'prestigiosi' (che non citiamo per carità di patria) alla voce comma: «Ciascuna delle parti in cui è suddiviso un articolo di legge, corrispondente a ciascun capoverso».
Stando così le cose si ha l'impressione, appunto, che comma e capoverso siano l'uno sinonimo dell'altro. Nient'affatto. L'unica chiarezza viene dal vocabolario della Treccani: «Ognuna delle suddivisioni di un articolo di legge, rappresentata tipograficamente da un accapo, in modo che il primo comma corrisponde al principio, il secondo comma al primo capoverso e così via».
Vediamo, ora, cosa scrive — lo stesso dizionario — al lemma capoverso: «Parte di uno scritto o di uno stampato compresa fra un accapo e il successivo. Nelle citazioni di leggi, regolamenti, ecc. si chiamano primo, secondo, terzo capoverso e così via le suddivisioni dell'articolo corrispondenti rispettivamente al secondo, terzo, quarto comma, spettando al primo comma il nome di principio».
Ed eccoci, al dunque, amici lettori. L'inizio di un articolo, erroneamente chiamato primo capoverso, si chiama, in realtà, principio, mentre il secondo capoverso è il primo.
Mettere la testa (o il cervello) a partito
Chi non ha mai sentito e adoperato questa locuzione che significa cominciare a pensare e a operare concretamente, mettendo da parte idee strane o chimere? Per l'origine e una migliore spiegazione ci affidiamo alla penna del re dei modi di dire, Ludovico Passarini.
«(La locuzione) significa far ritornare uno in sé, far sì che si ravvegga e metta senno: ed è traslato di egual misura di dire usata nei pubblici consigli, quando si mette ai voti una proposta, richiedendosi lucidezza e fermezza di mente. Usasi anche per pensare seriamente a qual partito uno deve appigliarsi, a che cosa credere. Per esempio se Tizio si trovasse in qualche spinoso intrico, e se ne lamentasse, fra gli altri modi direbbe questo mio affare mi fa mettere il cervello a partito (); lo stesso modo ricorre nella Trinuzia del Firenzuola () dove un servo, narrato al giovane padrone quanto aveva spillato sul conto di una femmina, di cui si era invaghito, e di cui davagli molte speranze, il padrone gli dice: Ma vedi un poco, volpe, se tu potessi trarre niente, che con cotesto tuo discorso, tu mi hai messo il cervello a partito ()».

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