Che bello sognare un «sogniamo» con la "i"

Tutti sanno o dovrebbero saper che il digramma 'gn' non richiede la 'i' davanti alle vocali: sogno, ognuno, campagna. Fanno eccezione, naturalmente, le parole in cui la 'i' è parte integrante del suffisso '-ia' come, per esempio, in compagnia (gruppo di persone).
Pochissimi sanno, invece, (e moltissime grammatiche non lo spiegano; e gli insegnanti?) che il gruppo 'gn' prende obbligatoriamente la 'i' quando quest'ultima fa parte della desinenza dei verbi: sogniamo, disegniamo, insegniamo, impegniamo, grugniamo, digrigniamo.
Se, infatti, "scomponiamo" il verbo 'sognare', per esempio, avremo: 'sogn' (tema o radice) e 'are' (desinenza dell'infinito). Poiché le desinenze ('parti finali') della prima persona plurale del presente indicativo, del presente congiuntivo e della seconda persona plurale del presente congiuntivo sono '-iamo' e '-iate', avremo sogniamo (indicativo e congiuntivo) e sogniate (congiuntivo).
Contrariamente a quanto sostengono alcune scuole di linguisti e pseudolinguisti, dunque, consigliamo vivamente di attenersi a questa regola. Da parte nostra, ve lo assicuriamo, continuerà la 'campagna' in difesa della nostra Lingua (quella con la L 'maiuscolata').
E a proposito dei verbi che hanno il digramma 'gn' parte integrante del tema, riportiamo un significativo pensiero di Luciano Satta, indiscusso arbitro del linguaggio italico: «Un aspetto curioso della controversia ('-iamo' e '-amo', ndr) è che i normatori di entrambe le tendenze ('-iamo' con la 'i' e -'amo' senza la 'i', ndr), gli abolitori o i conservatori fanno esempi della prima e seconda coniugazione, sognare, bagnare, spegnere, ma non si curano della terza, come se questa coniugazione fosse estranea alla controversia o fossero del tutto assenti i verbi in -ire, ossia qui in -gnire.
Sicché c'è anche il caso che una compunta delegazione di maiali si presenti da un grammatico per lamentare: Signore, possiamo anche decidere se ci 'lagniamo' o 'lagnamo', ma ancora nessuno ci ha detto se 'grugniamo' o 'grugnamo', ci aiuti lei
».
Personalmente, lo ribadiamo, riteniamo che la 'i' non si tocchi quando fa parte della desinenza (e Satta è di questo avviso) anche se il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia, generalmente non generoso in fatto di lingua, non disdegna la soppressione della 'i'. Voi, amici, seguite chi volete, sappiate, però, che i grammatici 'gimmaiuscolati' condannano i 'possibilisti'.

12-09-2018 — Autore: Fausto Raso — permalink


Salire in bigoncia

Sapete perché si dice e cosa significa montare o salire in bigoncia?
L'espressione fa il paio con quella piú conosciuta e adoperata, salire in cattedra, vale a dire fare il saccente, pretendere di insegnare tutto a tutti. Il modo di dire, vecchiotto, per la verità, 'chiama in causa' la bigoncia perché anticamente era il pulpito (o la cattedra) dal quale si parlava nelle università e nelle accademie.
La locuzione, anche se 'stantía', dovrebbe essere nota soprattutto agli amici blogghisti toscani, visto che a Firenze è in uso — se non cadiamo in errore — la variante favellare in bigoncia.
Aggiungiamo — da parte nostra, e a costo di essere tacciati di presunzione — che il detto calza a pennello ai soloni della carta stampata e no: pretendono di sapere tutto, soprattutto in fatto di lingua.
Non sanno, poverini, che molto spesso, per non dire sempre, la loro lingua è biforcuta e fa a pugni con la grammatica italiana.
Etimo.it - bigoncia

11-09-2018 — Autore: Fausto Raso — permalink


Il metaplasmo

«Gentile dr Raso, l'insegnante di mio figlio ha chiesto agli alunni di fare una ricerca linguistica per scovare un termine specifico che indica il passaggio di un verbo da una coniugazione all'altra oppure un vocabolo da un genere all'altro. Ho cercato di aiutare mio figlio in questa difficile ricerca, ma, ahimè, non sono approdato a nulla. Esiste questo termine? Se sí, come si chiama in linguistica?
Sperando in una sua cortese e sollecita risposta, la ringrazio anticipatamente e le porgo cordiali saluti.
Giovanni T.
Grottaferrata (Roma)
»
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Sí, cortese amico, il termine esiste e si chiama metaplasmo. Per una risposta piú esaustiva do la parola a 'Sapere.it':
«sm. [sec. XVIII; dal greco metaplasmós, da metaplássein, trasformare].
Nell'antica grammatica, ogni modificazione fonetica della parola dovuta ad addizione (protesi, epentesi, paragoge), a soppressione (aferesi, sincope, apocope, elisione), a inversione (metatesi), a cambiamento (assimilazione, dissimilazione), o a fusione di suoni (contrazione). In particolare il termine si è fissato soprattutto per indicare i cambiamenti di categorie morfologiche, come il passaggio da un genere a un altro (il dito, le dita), da una declinazione a un'altra (latino facies, latino volg. facia, faccia), da una coniugazione a un'altra (latino florēre, latino volg. florīre, fiorire)».

10-09-2018 — Autore: Fausto Raso — permalink