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Gesualdo Bufalino
(✶1920   †1996)

La Città Teatro

Non indifferente la passione e l'amore che Bufalino nutriva per la sua Comiso, che ebbe a definire Città teatro: poiché in qualsiasi angolo è possibile assistere ad uno spettacolo; il paese assume il significato di luogo di intimità collettiva: mercato, arengo, chiesa, teatro, camposanto…. L'autore descrive il suo paese in ogni minuzia, dalla posizione geografica all'architettura dei palazzi, dalle vicende cittadine alle caratteristiche della popolazione che lo abita.

«Giace, Comiso, ai piedi degli Iblei, nel punto dove il monte s'addolcisce e dirada i suoi carrubi per far posto ai fertili seminati della pianura.»

Comiso è uno dei dodici comuni della provincia ragusana, sorto con ogni probabilità nei pressi dell'antica Casmene, colonia siracusana fondata su un precedente insediamento siculo. Gradevole è la sua posizione: situata ai piedi dei monti Iblei, si estende fino alla fertile pianura della valle dell'Ippari, a pochi chilometri dal Mediterraneo. La cittadina durante il periodo medievale fece parte della prestigiosa contea di Modica e passò sotto diversi signori fino a che nel 1423 fu comprata dai Naselli che la possedettero sino alla fine della feudalità in Sicilia (secolo XVIII). Nacquero così importanti edifici civili e religiosi e, tra Cinquecento e Seicento, i principali monumenti della città. Un disastro doveva però cancellare tale splendore: il devastante sisma del 1693, che azzerò quasi completamente l'aspetto medievale di Comiso (e del Val di Noto) e impegnò le maestranze locali in un'opera di ricostruzione della città in forme barocche.

Bufalino ha saputo catturare, fotografare con le parole, immagini visive ed emotive del suo paese natale restituendocele intensificate o affascinanti. È stato infatti esploratore instancabile e attento di ogni angolo di quel pezzetto di terra da cui ha tratto tanta ispirazione. Comiso può così vantare un repertorio di belle pagine letterarie che la vedono protagonista, ad opera di chi c'è nato, vissuto e ne ha saputo capire le peculiarità. L'autore ha dedicato molti scritti alla sua città, soprattutto alle vicende del passato, non tralasciando però di soffermarsi anche su quelle attuali spesso fonte per lui di rammarico e di dolore. Una giovanile poesia bufaliniana è dedicata all'Ippari:

«Al fiume
Ippari vecchio, bianchissimo greto, a te ho consegnato la mia infanzia, l'empia novella t'ho raccontato. Come serpi nelle tue crepe stanno tutti i miei giorni ad aspettarmi, sotterrata nelle acque tue c'è la pietra del mio cuore.
Ippari vecchio fiume di vento, voglio un'estate venirti a trovare.
Quanta rena di tempo è volata fra le tue sponde di luce veloce, quante tacquero trecce scellerate ai davanzali che non scorgo più. Ah moscacieca d'occhi e di scialli, ah vaso di basilico scuro, bocca murata dell'amor mio! Ippari vecchio, fiume ferito, fammi sentire la tua voce ancora.
Per strade rosse me ne sono andato, per strade nere ritornerò; col guizzo estremo d'aria fra le labbra da lontano il tuo nome griderò. Arrivare potessi alla tua foce di crete pigre, di canne dolenti, dove ti cerca sterminato il mare.
Ippari vecchio, zingaro fiume, dove tu muori voglio anch'io morire.»
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Cuore pulsante della Comiso attuale, come alle origini della sua fondazione, è la Piazza Fonte Diana, con al centro la fontana dedicata alla dea. La sorgente alimentava un tempo il complesso termale romano adiacente, del quale sono venuti alla luce i resti di un fantasioso mosaico pavimentale raffigurante Nettuno fra Nereidi e delfini.

«[…] è un paese antico, cresciuto attorno a un'antica sorgiva che ha preso nome da Diana, non senza qualche ragione, dal momento che nelle adiacenze sono affiorati ruderi di terme e mosaici con figure di numi e di dee.»

La piazza è interamente delimitata da edifici quasi tutti risalenti al periodo tra fine Ottocento e inizio Novecento; tra essi è il palazzo comunale di stile neoclassico. Bufalino amava rimarcare la piccola circonferenza della piazza, facendo sosta nei vari bar, empori, edicole, banche, saloni da barba, associazioni e circoli.

«Saprei, d'ogni negozio o spaccio o edicola, raccontare le vicende nel corso di tre, forse quattro generazioni. Giornalai, tabaccai, caffettieri, barbieri, droghieri… Quanti ne ho visti affacciarsi sulla soglia a guardare l'orologio sul frontone del municipio; che eserciti di familiari fantasmi sono passati via via sulle medesime mattonelle dove oggi il mio piede ricalca, per una usura ulteriore, l'orma antica della sua scarpa bambina….»

Molto cara allo scrittore è stata anche Piazza delle Erbe, dove sorge il complesso che una volta formava l'antico mercato ittico. Negli ultimi anni della sua vita questo posto costituì una delle abituali mete giornaliere di Bufalino, il quale, dopo la solita visita in piazza Fonte Diana, amava

«[…] passeggiare all'antica nella corte ariosa del vecchio Mercato del pesce, ora adibito a più spirituali mansioni, che con la sua fontanella e le loggette d'intorno, fuori da ogni traffico cittadino, rinnova il raccoglimento d'una Villa dei Misteri o d'un minuscolo chiostro….»
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Il ricordo bufaliniano è sollecitato anche da aspetti negativi della Comiso moderna, come quella specie di “invasione” subita dal suo paese nei primi anni ottanta, di cui lo scrittore fu ancora una volta testimone. Nell'estate del 1981, durante un acutizzarsi della guerra fredda, accordi della NATO stabilirono l'installazione di un certo numero di testate nucleari a Comiso. Per l'impianto della base missilistica venne scelto il vecchio aeroporto militare “Vincenzo Magliocco”, costruito durante il regime fascista a una manciata di chilometri dal centro abitato. Quarant'anni dopo la seconda guerra mondiale, tornato ad essere teatro di morte, l'aeroporto “Magliocco” ospita congegni di distruzione terribili; anche in questo frangente Bufalino ha delle cose da dire:

«Nessuno ci pensava più, nessuno poteva immaginare che di tanti luoghi d'un tempo, desueti o distrutti, questo solo, il più sinistro, dovesse risuscitare, riverniciato a nuovo, ospizio di altri e tanto più stupidi e perfetti congegni per ammazzare, chiamati (chissà cosa vuol dire) Cruise….»

Con motivazioni totalmente differenti, Bufalino e il suo paese per una strana coincidenza divennero pertanto improvvisamente celebri nello stesso anno. L'autore venne ripetutamente interpellato sull'argomento dei missili e soprattutto sui tanti movimenti pacifisti che in quegli anni dilagavano per le piazze e le strade comisane, protestando contro la guerra nucleare e “l'invasione americana”.

«[…] non mi pongo il problema in maniera più drammatica di come può porselo un abitante dell'Italia centrale o dell'Europa. Ritengo che una guerra atomica non distruggerebbe solo Comiso e la sua “memoria”, ma l'intera civiltà. Allora mi sembra meschino, o puerile, preoccuparmi della mia sorte privata o di quella del mio paese.»

Ciò che lo scrittore provava, dunque, non era tanto il terrore che Comiso potesse essere l'obiettivo prioritario di una guerra atomica, quanto, coerentemente con la sua totale sfiducia verso chi detiene il potere politico,

«[…] lo spavento esistenziale di un uomo che si trova governato da uomini che non stima e che invece ritengono di essere interpreti degli interessi autentici della gente. Il reale interesse è solo la pace.»

Per intravedere una soluzione l'autore consiglia ironicamente di nominare due poeti a capo delle due superpotenze. Nel 1987 le due superpotenze raggiungono l'accordo sulla riduzione delle armi nucleari, che precede lo smantellamento dei missili della base comisana avvenuto nel 1991, facendo tirare un sospiro di sollievo a Bufalino e al suo paese.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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