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Bartolomeo Dotti
(✶1651 †1713)
Simone Bartolomeo Dotti (Brescia, 1651 – Venezia, 28 gennaio 1713) è stato un poeta italiano.
La prima parte della sua produzione è lirica ed encomiastica, ed è tipica dell'ultima fase del marinismo, mentre i suoi ultimi componimenti sono satirici e fanno capo al movimento settecentesco dell'Arcadia, alla quale è affiliato con il nome di Viburno Megario. L'esatta data di nascita è stata fissata solo di recente. Lessici ed antologie riportano date discordanti, quasi sempre false: il Parnaso degli Italiani (Einaudi) il 1649; l'antologia Ricciardi dei marinisti riporta come date probabili il 1642 e il 1651; l'Onomasticon del Ferrari il 1651, ecc.
La famiglia
Nacque da Pasquino e Ottavia Vinacesi. Suo nonno era il letterato ed erudito Fortunato Vinacesi. Suoi fratelli erano Raimondo, sacerdote, e Raffaele, avvocato. La famiglia era originaria della provincia di Brescia, forse di Erbusco; per lungo tempo si è creduto che lo stesso B. D. fosse nato in Valcamonica.
Si suppone che la famiglia avesse raggiunto un buon livello economico; infatti B. D. poté compiere, come il fratello Raffaele, gli studi giuridici.
Esordi
Già molto giovane fu affiliato a numerose accademie: quella dei Faticosi di Milano, dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia, degli Erranti di Brescia. I suoi esordi di poeta dovrebbero datare dal suo ingresso nell'accademia degli Erranti, dove ben presto trovò un rivale nel sottosegretario, Giovanni Battista Bottalini, con il quale si scambiò capitoli ingiuriosi. A questa circostanza è legata la prima delle numerosissime disgrazie che si abbatterono, nel corso degli anni, sull'iracondo poeta: infatti in uno dei componimenti scambiati col Bottalini si spinse ad offendere il protettore del rivale, il conte Cesare Martinengo, facendo illazioni circa sue eventuali relazioni adulterine.
Fatto segno alle ritorsioni dell'offeso conte, dovette lasciare Brescia. Scampato a Venezia, trovò qui protezione presso un funzionario veneziano il cui nome è rimasto ignoto, inviato della Repubblica a Zante. Solo in séguito ottenne il perdono del Martinengo, e poté tornare a Brescia.
Primo soggiorno veneziano (1676-1681). Le Odi.
Il primo incarico importante lo ottenne nel 1676, quando fu creato nunzio bresciano a Venezia, città nella quale si sarebbe trattenuto in questa veste fino al 1681. A questo periodo risale il maggior numero delle Odi, componimenti dedicati a varie personalità di spicco (in special modo magistrati inviati come capi del popolo da Venezia a Brescia) e per la gran parte encomiastici. Rappresentante dell'ultima, e più "delirante", fase del barocco letterario, o barocchismo, B. D. può essere preso a simbolo di un'età di transito dall'impegno retorico secentista al disimpegno arcadico: fu proprio in séguito alla pessima ricezione della prima parte delle sue rime, cioè i Sonetti (1689), per cui fu fatto segno di offese e ritorsioni da parte degli stessi dedicatari dei componimenti, insofferenti e stanchi della turgida maniera barocca, che decise di non dare mai alle stampe le Odi (rimaste infatti manoscritte fino al 1997). L'intonazione generale di questo primo nucleo di componimenti encomiastici fa pensare che B. D. svolgesse anche attività diplomatica per via epistolare. Alcune delle Odi, nel corso del tempo, sarebbero state tuttavia stampate, o in opere altrui o su fogli volanti; ma talora contro la volontà dell'autore. In una lettera del 22 aprile 1693 all'amico erudito Giulio Antonio Gagliardi il D. accenna indispettito ad una di queste poche odi sfuggitegli di mano; un'ode, a suo dire, «mal concepita dall'autore, male accolta dal copista, e peggio trattata dallo stampatore.»
Quello che segnò la brusca fine del suo primo periodo veneziano fu la propria personale ingerenza nelle conseguenze di un fatto di sangue: un bresciano, Zuane Melini, aveva ucciso un patrizio pure bresciano, Benedetto Chizzola, rifugiandosi poi a Venezia, in casa di un potente senatore. I parenti del nobiluomo, decisi a vendicarne la morte, si erano precipitati a Venezia, dove B. D. li aveva alloggiati in casa propria. In conseguenza del favoreggiamento, B. D. dovette lasciare i territori della Repubblica.
Il soggiorno milanese (1681-1683)
Il 24 dicembre 1681 lo trovò a Milano. In teoria il soggiorno milanese doveva essere solo tappa di un viaggio che avrebbe dovuto condurlo in Germania; di fatto la sua permanenza nel capoluogo si protrasse per quasi due anni. Durante questo periodo contrasse relazione con Carlo Maria Maggi, a quell'epoca segretario del senato cittadino. Intessé amichevoli relazioni con i conventuali di Sant'Ambrogio, tra cui l'abate Bartolomeo Aresi, all'epoca figura molto illustre. A dispetto di queste amicizie lamentò sempre di trovare insopportabile l'ambiente milanese, brigando per tornare a Venezia attraverso i suoi protettori di un tempo, Marco Bembo e Marco Ruzzini.
La fine del 1682 lo vide coinvolto a qualche titolo in un altro fatto di sangue (stavolta sventato), riguardante il conte bresciano Camillo Avogadro, anch'egli in bando a Milano, in particolare per gli scandalosi rapporti intrattenuti con le monache del convento di Santa Caterina. Mentre si trovava in carrozza col marchese Francesco Maria Lucini, l'Avogadro per poco non rimase ucciso in séguito all'aggressione di alcuni sicari, inviati da un Nicola Bargnani. Per motivi ignoti B. D. fu sospettato di aver fornito al Bargnani informazioni utili all'attuazione del delitto, e per questo, ai primi di aprile 1683, fu incarcerato per favoreggiamento.
Anche in questo caso B. D. fece ogni pressione sulle sue conoscenze per ottenere una conciliazione, senza tuttavia approdare a nulla: dopo essere stata avviata, l'istruttoria a novembre era ancora in corso. Alla fine B. D. risultato estraneo alle imputazioni. Appena liberato da quest'accusa, a causa dell'ostinazione dei suoi nemici, che forse arrivano persino a corrompere Giovanni Tommaso Gallarati, capitano di giustizia dello Stato di Milano, B. D. È rinviato a giudizio con l'accusa di detenzione illegale di armi da fuoco. Questa volta i suoi oppositori ebbero successo, e il poeta fu rinchiuso nel carcere di Tortona.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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