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Carlo Cassola
(✶1917   †1987)

L'ultimo periodo di vita

Nel 1984 il suo stato di salute peggiora; così scriverà a Giampieri:

«... ti mando come promesso il pezzo per Pananti. Ci avevo pensato subito, ma ho dovuto aspettare che altri me lo battessero. Nelle mie condizioni, non riesco più a battere a macchina né a leggere. Questo sarebbe ancora il meno: in realtà ho molti altri disturbi che mi procurano un dolore maggiore.»
(a Giampieri, 23 aprile 1984)

Collabora a «Paese sera» con l'articolo del 10 settembre Reagan contro Mondale e nella rubrica Controcanto pubblica racconti e articoli letterari sempre più di carattere politico e spesso non da lui scritti. Nel 1985 Pananti pubblica Le persone contano più dei luoghi e il 1º marzo del 1986, a Montecarlo di Lucca, sposa Pola Natali, sua terza moglie, amante degli animali che aveva conosciuto nel 1974 al convegno che si era tenuto a Pescia su Collodi

Nel 1984 Pananti pubblica Le persone contano più dei luoghi, continuo di Un cuore arido. Il 29 gennaio del 1987, colto da un collasso cardiocircolatorio, muore a Montecarlo di Lucca.

«viveva in solitudine non perché l'avesse scelta, ma perché questa era la costrizione che gli era stata costruita attorno, e questa l'ha vissuta fino all'ultimo. Io non potrò dimenticare quei funerali di quella mattina dove se ne andava in solitudine, (...) solitudine di una grande umanità; ha ricevuto il saluto della natura, tirava un vento gelido e gli alberi si inchinavano al passaggio della bara. È stato quello credo l'omaggio più bello, partigiano, che forse uno come lui potesse desiderare avere»
(congedo di Mario Capanna in Letteratura e disarmo, p. 114)
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Poetica

Carlo Cassola pur vivendo nel periodo del neorealismo non ne accettava completamente la poetica perché riteneva che l'utilizzo del linguaggio popolare e pertanto del dialetto fosse da condannare in ambito letterario. Lo scrittore si considera un realista ma rifiuta il metodo del Naturalismo e rifiuta la ricerca degli "spaccati sociali" tipici del Neorealismo.

Analisi delle opere

Scrive Giacinto Spagnoletti, «È difficile sintetizzare in poche pagine il fecondissimo lavoro narrativo di Carlo Cassola; innanzitutto per le differenze tematiche e stilistiche a cui va incontro, ma soprattutto per l'enorme distacco che separa la produzione giovanile, quella della maturità, e l'ultimissima. Scrittore che, per l'ardua pulizia formale delle origini, lo strenuo e accanito rivolgersi a semplici trame (quasi sempre aventi a protagoniste delle donne), rappresentò per tutti gli anni cinquanta e nel seguito un'alternativa tanto alla letteratura engagèe, dapprima, quanto a quella uscita dalla neoavanguardia dopo.»

Si può dividere l'opera narrativa di Cassola in quattro periodi: il primo periodo, che rifiuta la narrazione di tipo realistico, si colloca tra il 1937, anno di stesura di alcuni dei racconti della Visita, e il 1949, anno di stesura del Taglio nel bosco anche se già nel 1946, con Baba, si individua l'impegno futuro a trattare temi politici; il secondo periodo, che situato cronologicamente nel momento del neorealismo ne risente l'influenza, «Sia pure intesa in una maniera assai personale, siamo in un tipo di narrativa impegnata, in cui il tempo coincide con la storia, i personaggi partecipano alle lotte politiche e le loro vicende prendono inizio da un fatto preciso per giungere alla conclusione.», il terzo periodo nel quale lo scrittore rinnega il periodo precedente e ritorna alla poetica del primo periodo e un quarto periodo, tra il 1980 e il 1987,che si può definire dell'antimilitarismo.

Cassola e il cinema

Dal suo romanzo La ragazza di Bube (1960), che ricevette il Premio Strega, fu realizzato nel 1963, da Luigi Comencini, il film omonimo, con Claudia Cardinale e con George Chakiris.

Sempre nel 1963, dal racconto La visita, il film diretto da Antonio Pietrangeli. Nel 2004 Carlo Mazzacurati ha tratto un film, L'amore ritrovato, dal racconto Una relazione, che era stato già citato al cinema in quanto il cognome del protagonista (Mansani) è stato volutamente utilizzato da Paolo Virzì per personaggi dei suoi film: Ovosodo e La prima cosa bella.

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Critica

Le linee interpretative della critica riguardanti le opere di Cassola sono fondamentalmente quattro e vanno dalla considerazione dei singoli testi con il taglio della recensione alla misura più ampia del saggio o della monografia.

La prima linea interpretativa si dimostra interessata soprattutto a definire, attraverso i contenuti, la tematica esistenziale di Cassola; la seconda affronta in modo più diretto i rapporti dell'intellettuale Cassola con la storia e la società contemporanea; la terza analizza la disponibilità dell'opera cassoliana nei confronti del Novecento europeo e la quarta privilegia la sfera linguistica valutandone le procedure scritturali adottate.

«L'opera di Cassola esige molta intelligenza. Cassola secondo me è uno degli scrittori più difficili che ci siano. È stato accusato di facilità, e questo dimostra appunto la ottusità di chi ha pronunziato questo giudizio. È uno scrittore molto difficile, non nel senso della testualità apparente, ma nel senso della giustezza dell'ascolto. La sua prosa è apparentemente dimessa, apparentemente rinunciataria, quasi dimissionaria riguardo alle complessità retoriche dello stile, ma invece nei momenti alti tutta vibrante e tutta risonante in una sfera molto precisa di sensibilità. Io a distanza di tanti anni, che sono stati anni di obliterazione e di parziali recuperi, sono venuto qui per riconfermare tutte le ragioni che mi hanno avvicinato a lui, che mi hanno fatto sentire una intensità espressiva e una castità espressiva congiunte che invano avrei cercato in altri scrittori che pure mi erano cari»

«Come Morandi, anche Cassola ha orrore della retorica. Nei confronti dei sentimenti semplici, elementari, egli ha la medesima nostalgia, intrisa di sfiducia, che lo fa tornare con sempre rinnovato slancio ai grandi classici, francesi e russi dell'Ottocento... Nel Taglio del bosco, non meno che nella Visita, vige la poetica in base a cui nulla accade, veramente, che possa essere raccontato, e ogni sentimento, per quanto profondo e doloroso sia, in realtà è ineffabile».

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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